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Maestre nei guai: nella chat della scuola deridevano alunno disabile. Ecco le frasi incriminate

La vicenda che ha coinvolto tre insegnanti di una scuola di Roma, accusate di aver usato frasi denigratorie in una chat WhatsApp privata riferite a un loro alunno affetto da disturbo dello spettro autistico, ha preso una piega inaspettata. La Procura ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta, stabilendo che quanto scritto non costituisce reato di diffamazione.

Le frasi incriminate

Nella chat, riservata esclusivamente al personale docente, sarebbero apparse frasi come: «Non svegliate il can che dorme», «Speriamo che dorma e che non stia arrivando», «Magari torna miracolato» Espressioni che, secondo l’accusa iniziale, potevano ledere la reputazione e la dignità del bambino, alimentando il sospetto di una cultura scolastica poco inclusiva. Tuttavia, i magistrati romani hanno ritenuto che non si tratti di commenti meramente diffamatori nei confronti del minore.

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La reazione della famiglia e del legale

Di diverso avviso è l’avvocato Sergio Pisani, legale della famiglia del bambino, che ha immediatamente presentato opposizione alla richiesta di archiviazione. «Le conversazioni evidenziano un chiaro disprezzo verso il minore, la cui assenza è stata accolta con sollievo e toni sarcastici – ha dichiarato il legale – corredati da emoticon canzonatorie». Pisani sottolinea come i commenti non rappresentino un semplice sfogo legato a difficoltà lavorative, ma siano espressione di un atteggiamento discriminatorio e irrispettoso nei confronti del bambino per la sua condizione. Secondo il legale, i messaggi travalicano il limite della libertà di opinione, diventando lesivi della dignità personale del minore.

Un caso che riapre il dibattito

La vicenda solleva ancora una volta il delicato tema della tutela dei bambini con disabilità nel contesto scolastico. Se da un lato esistono meccanismi per supportare docenti e personale nel gestire situazioni complesse, dall’altro non può mancare un impegno fermo e costante contro ogni forma di discriminazione.

In attesa della decisione definitiva sulla richiesta di archiviazione, il caso continua a far discutere e a interrogare sulle dinamiche relazionali interne alle scuole, sul ruolo della comunicazione privata tra docenti, e sulla necessità di una cultura educativa inclusiva e realmente rispettosa di ogni studente.

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