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Liliana è stata sorpresa alle spalle, colpita e soffocata. Scoperto come ha vissuto i suoi ultimi attimi di vita

liliana resinovich liliana resinovich

Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita 22 giorni dopo, non si è tolta la vita. È stata uccisa. È quanto emerge dalla relazione di 240 pagine redatta dalla nota antropologa forense Cristina Cattaneo, incaricata dalla Procura di Trieste per fare luce sulle circostanze della morte della 63enne, ex dipendente della Regione, scomparsa da casa senza lasciare spiegazioni e ritrovata il 5 gennaio 2022 nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico della città.

Il contenuto della perizia è stato definito “minuzioso” e “scientificamente rigoroso” dal procuratore facente funzione Federico Frezza, che ha parlato di una “doverosa e profonda rivalutazione dell’intero procedimento”. Le nuove evidenze spostano decisamente il baricentro dell’inchiesta verso l’ipotesi di omicidio volontario, lasciando definitivamente alle spalle l’ipotesi iniziale del suicidio o della morte volontaria.

Liliana, Colpita, sopraffatta e soffocata

Secondo la ricostruzione della Cattaneo, Liliana è stata sorpresa alle spalle, strattonata, colpita, soffocata con una manovra tipo chokehold – un afferramento da dietro con il braccio stretto attorno al collo – e, infine, privata dell’aria fino alla morte. “Atti respiratori contro resistenza”, scrivono i consulenti, indicando un’asfissia meccanica esterna e una lotta per la sopravvivenza. Segni di lesioni sono compatibili con questo tipo di attacco: fratture al volto, alle mani e alla schiena. Liliana, ritrovata con sacchetti di plastica infilati sulla testa e chiusi al collo, non si è suicidata. Si è difesa, ha lottato. Ed è morta nel tentativo.

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Data e luogo della morte: 14 dicembre e forse sempre lì

Secondo i periti, la donna è con ogni probabilità morta il 14 dicembre, giorno della scomparsa, e non ci sono elementi in contrasto con l’ipotesi che il suo corpo sia rimasto nel boschetto dove è stato trovato per tutti e 22 i giorni successivi. La compatibilità è supportata dalle condizioni meteorologiche del periodo – temperature basse, tra 1,5° e 5°, che non hanno congelato il corpo ma ne hanno rallentato la decomposizione – e dalla conservazione dello stomaco, che conteneva ancora resti della colazione, così come dagli abiti identici a quelli che indossava al momento della scomparsa, ripresa anche da una telecamera pubblica. Tuttavia, alcune lacune nelle prime fasi dell’indagine – come la mancata rilevazione della temperatura corporea all’arrivo sul posto e la scarsità di fotografie dettagliate – rendono impossibili certezze assolute, sebbene la linea ricostruttiva dei consulenti sia coerente e chiara.

Il mistero della scena del crimine: perché niente segni di animali?

Tra le domande rimaste aperte negli scorsi mesi, una riguardava l’assenza di segni di animali o di decomposizione accelerata sul corpo. La perizia risponde punto per punto: le formiche trovate vicino al corpo appartenevano alla specie Prenolepis nitens, che si nutre solo di liquidi zuccherini di origine vegetale, dunque non aggrediscono i corpi in decomposizione. L’assenza di morsi da parte di altri animali, come volpi o roditori, viene spiegata dalla variabilità dei comportamenti della fauna selvatica: non esiste una regola che imponga che un cadavere all’aperto debba sempre subire attacchi. Anche l’edera sotto al corpo, trovata non appassita né marcita, non è una prova del fatto che il corpo sia stato collocato in un secondo momento. L’edera è una pianta molto resistente e tollerante alle condizioni di scarsa luce, specie nei mesi invernali, e l’esile corporatura di Liliana (tra 42 e 50 kg) non avrebbe influito significativamente.

Le criticità dell’indagine iniziale

Tra i punti critici evidenziati, la mancanza di una documentazione fotografica completa del cadavere al momento del ritrovamento, oltre all’assenza di rilevamenti fondamentali come la temperatura corporea o l’analisi immediata della vegetazione circostante. Tutto questo ha limitato gli strumenti scientifici oggi disponibili. Ma non ha impedito alla nuova perizia di delineare uno scenario opposto a quello finora ipotizzato.

Una svolta giudiziaria in vista?

Alla luce della perizia, la Procura ha riaperto il fascicolo con un nuovo slancio investigativo. I prossimi mesi saranno cruciali per verificare gli eventuali moventi, identificare possibili responsabili e colmare le lacune lasciate dalle indagini iniziali. Intanto, questa consulenza pone fine all’ipotesi del suicidio e restituisce a Liliana Resinovich la verità di una morte violenta, subita e non scelta. Una verità che la sua famiglia, gli amici e l’opinione pubblica aspettano da troppo tempo.

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