La perizia che ha riportato alla luce l’impronta 33, repertata nel 2007 sulla scena del delitto di Chiara Poggi a Garlasco, ha riacceso i riflettori sul ruolo di Andrea Sempio nell’omicidio della giovane, avvenuto il 13 agosto 2007. La notizia, anticipata dal Tg1, potrebbe rappresentare un elemento potenzialmente decisivo nella riapertura delle indagini da parte della Procura di Pavia, anche se – è bene precisarlo – al momento non esiste alcuna prova certa del suo coinvolgimento. Tuttavia, il contesto in cui questa impronta emerge oggi merita un’analisi più approfondita.
Cosa sappiamo dell’impronta 33
Nel 2007, subito dopo il delitto, i Carabinieri del Ris di Parma effettuarono un sopralluogo dettagliato nella villetta di via Pascoli. Durante le analisi, repertarono diverse impronte papillari, numerandole da 32 a 60, concentrate soprattutto sulla scalinata che porta alla cantina, dove il corpo della vittima fu ritrovato.
Tra queste, la traccia numero 33, rinvenuta sulla seconda parete a destra, venne ritenuta di scarso valore investigativo per due motivi principali:
- Era priva di creste dermiche leggibili, quindi non utile per identificazioni dattiloscopiche.
- Non conteneva tracce di sangue: il test Obti – utilizzato per rilevare emoglobina umana – diede esito negativo.
L’impronta fu asportata dall’intonaco con un bisturi sterile, fotografata e conservata, ma non venne mai attribuita a nessuno fino ad oggi. In sintesi, fu ignorata come elemento investigativo utile al tempo, giudicata una semplice “strisciata” o segno di contatto.
Perché oggi diventa importante?
Secondo quanto riportato dal Tg1, una nuova perizia avrebbe permesso di associare l’impronta 33 ad Andrea Sempio, all’epoca 19enne, amico del fratello della vittima, Marco Poggi. Questa attribuzione, che non era mai emersa prima, è stata ottenuta confrontando le immagini fotografiche del 2007 con elementi biometrici attuali.
La Procura considera questa traccia potenzialmente rilevante, in quanto posizionata vicino al luogo in cui è stato ritrovato il cadavere, cioè lungo la scala della cantina. Tuttavia:
- Non è un’impronta insanguinata.
- Non si può datare con certezza, ovvero non si sa quando sia stata lasciata.
- Potrebbe essere compatibile con una presenza precedente all’omicidio, e non necessariamente durante il delitto.
Come vennero trattate le impronte nel 2007
Nel 2007, il Ris agì con estrema attenzione, utilizzando:
- Ninidrina spray, una sostanza che rende visibili le impronte latenti.
- Lampade a lunghezza d’onda variabile per evidenziare le tracce.
Furono repertate e fotografate oltre 25 impronte tra pareti, soffitti e oggetti della casa. Alcune furono identificate:
- Quattro impronte appartenevano al carabiniere Gennaro Cassese.
- Una a Marco Poggi, fratello della vittima.
Altre impronte, come la 33, non furono considerate determinanti e non vennero sottoposte a comparazione sistematica con un gruppo ampio di soggetti. Un’occasione mancata? O una scelta metodologica dovuta alla scarsa leggibilità delle tracce?
Sempio e la nuova inchiesta
Andrea Sempio, già sentito due volte in passato (nel 2007 e nel 2016), è ora ufficialmente indagato per omicidio in concorso. Le nuove indagini coordinate dal procuratore aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano si concentrano su:
- La traccia genetica sotto le unghie di Chiara Poggi (compatibile con Sempio secondo una recente analisi).
- Gli orari e spostamenti del ragazzo il giorno dell’omicidio.
- Le telefonate effettuate a casa Poggi nei giorni precedenti.
- Questa nuova impronta, che potrebbe collocare fisicamente l’indagato sulla scena del crimine.
Sempio, dal canto suo, nega ogni coinvolgimento e sostiene di aver frequentato casa Poggi solo per vedere Marco, ma di non aver mai avuto contatti stretti con Chiara. L’impronta 33, ora attribuita ad Andrea Sempio, potrebbe essere un tassello importante per definire la presenza fisica dell’indagato nella villetta, ma non rappresenta di per sé una prova di colpevolezza. La sua inutilizzabilità originaria, l’assenza di sangue, e la difficoltà nel datare il contatto, fanno sì che sarà la combinazione con altri elementi – Dna, alibi, testimonianze – a determinare il peso reale di questo dettaglio nella riapertura del caso Chiara Poggi. Le indagini proseguono, e la perizia genetica definitiva sul Dna trovato sotto le unghie della vittima sarà probabilmente il vero snodo cruciale per il futuro del procedimento.