Nel lungo e complesso caso dell’omicidio di Chiara Poggi, un nuovo elemento emerso nei giorni scorsi potrebbe rappresentare una svolta nelle indagini o rivelarsi soltanto un’ennesima pista sterile. Durante l’autopsia effettuata dopo il delitto, avvenuto il 13 agosto 2007, è stato prelevato un tampone orale dal cadavere della vittima. A distanza di anni, su quel tampone sono stati rilevati due profili genetici distinti: uno laterale, riconducibile all’assistente del medico legale, e un altro, più centrale e abbondante, che risulterebbe completamente ignoto.
Il DNA “centrale” che apre interrogativi
Quel secondo profilo genetico, localizzato al centro della cavità orale, presenta 22 marcatori e risulta non compatibile con nessuno dei soggetti sinora esaminati. Sono già state escluse corrispondenze con Alberto Stasi (condannato in via definitiva), Andrea Sempio (indagato), i medici legali, i soccorritori, i consulenti tecnici e i familiari della vittima. Rimangono ora da verificare i profili genetici di altri soggetti che potrebbero essere entrati in contatto con il corpo, come carabinieri, periti e tecnici della scientifica.
Tuttavia, la possibilità che il DNA appartenga a una persona intervenuta dopo il delitto viene giudicata remota. La ragione sta proprio nella posizione del materiale genetico: il centro della bocca è una zona dove tracce biologiche spariscono rapidamente a causa di movimenti involontari, attività enzimatica e saliva. Questo fa ipotizzare che il contatto sia avvenuto molto vicino al momento della morte, se non durante l’aggressione stessa.
Contaminazione o prova chiave?
L’ipotesi della contaminazione resta comunque valida e viene considerata la più plausibile dai consulenti della famiglia Poggi, che tendono a ridimensionare l’importanza del tampone. Se dovesse emergere un match con una figura tecnica coinvolta nelle fasi successive all’omicidio, il profilo genetico verrebbe considerato inquinato e l’intero filone investigativo verrebbe archiviato. Ma se nessuno dei soggetti noti dovesse risultare compatibile, il tampone acquisirebbe improvvisamente un ruolo centrale nell’inchiesta. In quel caso, l’individuazione del proprietario di quel DNA diventerebbe prioritaria, perché l’unico scenario compatibile sarebbe quello di una presenza fisica accanto alla vittima al momento del delitto.
La nuova ipotesi investigativa
Secondo quanto trapelato, la Procura di Pavia considera il DNA ignoto come possibile elemento a sostegno della teoria che Andrea Sempio non abbia agito da solo, ma fosse accompagnato da un complice ancora sconosciuto. L’idea è quella di cercare risposte tra le vecchie amicizie del giovane, che all’epoca dei fatti aveva appena 19 anni. Non si prevede un campionamento genetico di massa, come avvenuto per il caso Yara Gambirasio, ma si punterà a un’analisi mirata. I nomi al vaglio includono Capra, Biasibetti e Freddi, membri della cerchia di amici di Sempio. Non verranno esclusi nemmeno i compagni di scuola né Michele Bertani, un altro amico, morto suicida nel 2016.
Il caso Bertani
Il nome di Michele Bertani non era mai emerso pubblicamente nelle fasi principali dell’inchiesta, ma la sua amicizia con Sempio e il tragico epilogo della sua vita spingono oggi gli inquirenti a considerare anche lui nel ventaglio di confronti genetici. Sebbene il suo corpo sia stato cremato, la tecnologia attuale permette comunque di risalire al suo profilo genetico, tramite campioni biologici conservati o fonti indirette.
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Silenzi e cautele
La difesa di Andrea Sempio al momento non ha commentato gli sviluppi, mantenendo il silenzio sulla questione. Anche dal fronte di Alberto Stasi, oggi in carcere, non giungono reazioni. I consulenti dei Poggi, come già detto, si mostrano cauti e ritengono che non emergeranno elementi nuovi da questo profilo biologico. Tuttavia, il fatto che le autorità giudiziarie non abbiano archiviato il dato con leggerezza e abbiano avviato verifiche così circostanziate dimostra che le indagini sono tutt’altro che chiuse.
Un tassello che può cambiare tutto
In un’inchiesta che sembrava aver trovato una verità giudiziaria definitiva, questo frammento biologico dimenticato – nascosto nella parte più intima e delicata del corpo della vittima – potrebbe cambiare radicalmente lo scenario. Se davvero quel DNA non appartenesse a nessuna delle figure finora note, si dovrebbe riscrivere la storia dell’omicidio di Chiara Poggi. E questa volta, con una certezza scientifica difficilmente ignorabile.
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