Era lì dal 2007, subito dopo il delitto, rilevata dai carabinieri del RIS nella casa di Chiara Poggi, a Garlasco. Una minuscola macchia di sangue trovata sotto la cornetta del telefono fisso, nella zona d’ingresso. All’epoca, quella traccia non fu considerata rilevante: gli investigatori la catalogarono come possibile contaminazione e la esclusero dall’analisi investigativa principale. Ora, però, a distanza di quasi vent’anni, quella goccia sembra raccontare un’altra storia.
La nuova analisi scientifica
Grazie a una rivalutazione peritale, la traccia è stata analizzata con strumenti e criteri più aggiornati. Il risultato che ha colpito gli esperti è l’inclinazione della macchia, stimata in circa 19 gradi. Un dato che, secondo i consulenti forensi, indicherebbe che la cornetta fosse sollevata nel momento esatto in cui il sangue è caduto. In altre parole: qualcuno, probabilmente Chiara, stava tenendo in mano il telefono quando ha perso sangue.
Non si tratterebbe quindi di un semplice schizzo generico o di un trasferimento da contatto, ma di una traccia attiva, avvenuta nel pieno di un gesto drammatico.
L’ipotesi: Chiara cercava aiuto
Alla luce di questi nuovi elementi, gli investigatori avanzano una ricostruzione inquietante: Chiara Poggi, ferita ma ancora cosciente, avrebbe tentato di chiamare aiuto, sollevando la cornetta del telefono nel disperato tentativo di salvarsi. Proprio in quel momento, l’aggressore l’avrebbe raggiunta e colpita con violenza, impedendole di comunicare. La cornetta, a quel punto, sarebbe stata rimessa al suo posto dall’assassino, forse nel tentativo di cancellare ogni indizio. Ma quella goccia invisibile è rimasta lì, testimone silenziosa di quegli istanti tragici.
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La denuncia di Marzio Capra
A sottolineare l’importanza di questa scoperta è Marzio Capra, consulente storico della famiglia Poggi. Capra ha più volte criticato il modo in cui, negli anni, alcuni reperti sono stati trattati con superficialità o eccessiva prudenza, temendo la contaminazione più della verità. Secondo lui, quella goccia sarebbe dovuta diventare un elemento chiave già durante i primi momenti dell’indagine. “Non fu analizzata a fondo,” ha dichiarato, “eppure era lì, a raccontare qualcosa che ora appare evidente”.
Un frammento che può cambiare la scena
In un caso giudiziario che ha già attraversato condanne, ricorsi e riaperture, questo nuovo frammento assume una doppia valenza: scientifica e narrativa. La scienza forense lo considera ora un indizio attivo, che suggerisce movimento, intenzione, reazione. Ma è anche un frammento emotivo, che restituisce umanità e drammaticità agli ultimi gesti di Chiara.
Una traccia tanto piccola da essere trascurata per quasi due decenni potrebbe ora diventare la chiave per una nuova lettura della dinamica del delitto. Gli inquirenti dovranno verificare se altri indizi della scena del crimine sono compatibili con questo scenario, e se la telefonata interrotta possa davvero riaprire l’indagine su uno dei casi più discussi della cronaca italiana.
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