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Allen è tornato a casa ma qualcosa non torna. L’hanno sfamato, è vivo grazie un congelamento emotivo

allen allen

È stato dimesso lunedì 14 luglio dall’ospedale di Imperia e ora è tornato a casa il piccolo Allen, il bimbo di cinque anni scomparso per un giorno e mezzo nella zona di Latte, frazione di Ventimiglia. Il suo ritrovamento, avvenuto domenica mattina tra i rovi di un avvallamento, aveva fatto tirare un sospiro di sollievo all’intero Paese. Allen era visibilmente impaurito, ma in condizioni fisiche sorprendentemente buone.

«Ha mangiato, ha giocato, gli esami del sangue erano perfetti», ha dichiarato Diego Minghetti, primario di pediatria che lo ha seguito in ospedale. Tuttavia, proprio i risultati clinici alimentano nuovi interrogativi: com’è possibile che un bambino di cinque anni sia rimasto per 36 ore senza acqua né cibo, senza mostrare segni di disidratazione o denutrizione?

Sta bene, ma le domande restano. Le 36 ore di buio

Allen era scomparso venerdì pomeriggio, allontanandosi dal campeggio dove si trovava con la famiglia. Da quel momento, nessuno ha più visto il bambino, fatta eccezione per Pierluigi Dellano, l’uomo ora indagato per omissione di soccorso. Il piccolo è stato ritrovato solo la domenica mattina dai soccorritori, tra i cespugli, sporco e spaventato ma vivo. Le condizioni cliniche, però, non convincono del tutto i medici. «È difficile pensare che non si sia idratato né nutrito per un giorno e mezzo», ha spiegato Minghetti al Corriere della Sera. Gli esami del sangue erano compatibili con uno stato di relativa normalità metabolica, e non con uno stress fisiologico prolungato da fame e sete.

Ipotesi escluse (e altre aperte)

Nonostante il mistero, la Procura di Imperia esclude categoricamente un rapimento. «Sarebbe fantascienza pensare a un sequestro», ha dichiarato il procuratore Alberto Lari, che ha però ammesso l’esistenza di zone d’ombra nella ricostruzione. Anche l’ipotesi che qualcuno possa aver aiutato Allen durante la scomparsa appare poco probabile: i suoi abiti erano sì sporchi, ma in modo coerente con il tempo trascorso all’aperto. Dellano, la persona che avrebbe visto il bambino per ultima, è al centro delle attenzioni investigative, ma per ora l’ipotesi d’accusa è limitata all’omissione di soccorso.

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L’autismo e il “congelamento emotivo”

Un elemento chiave nella comprensione del comportamento del piccolo potrebbe essere la sua lieve forma di autismo, come ha spiegato Roberto Ravera, psicologo esperto in disturbi dello spettro autistico coinvolto nelle ricerche. «Allen potrebbe aver reagito alla confusione e al caos rifugiandosi in silenzio, come forma di protezione», ha spiegato Ravera. Si tratterebbe di un meccanismo di difesa chiamato “congelamento emotivo”, tipico in soggetti autistici sotto stress. «Paradossalmente, credo che la sua patologia lo abbia salvato: si è isolato e ha atteso, senza esporsi, senza consumare energie inutili», ha aggiunto lo psicologo.

Un lieto fine, ma non tutte le risposte

La vicenda del piccolo Allen si chiude — almeno per ora — con un lieto fine. Il bambino è tornato a casa, ha ricominciato a giocare, ed è circondato dall’affetto della sua famiglia. Ma non tutte le domande hanno trovato risposta. Cosa è successo davvero in quelle 36 ore di silenzio? Allen è stato sempre solo, o ha ricevuto un aiuto che non vuole o non sa raccontare? E il comportamento di chi l’ha visto per ultimo è stato adeguato? Gli inquirenti continuano a indagare, ma intanto la comunità festeggia il ritorno a casa di un bambino che, forse grazie alla sua fragilità, è riuscito a sopravvivere.

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