Dopo 17 anni di mistero, si è finalmente chiuso il cerchio su uno dei cold case più inquietanti d’Europa. La Procura di Bolzano ha confermato che il corpo ritrovato nel 2008 in un cartone abbandonato lungo l’autostrada del Brennero, nei pressi di Chiusa, appartiene a Mustafa Sahin, 20enne cittadino tedesco di origini turche. L’autore del delitto è Alfonso Porpora, oggi 61 anni, originario della Sicilia e detenuto in Germania con ergastolo per due omicidi precedenti.
Tre omicidi, un unico modus operandi
Porpora è stato soprannominato “il padre-killer di Sontheim” per la crudele ricorrenza delle sue vittime: tutti uomini legati sentimentalmente a sua figlia. Il suo schema era sempre lo stesso: strangolamento, smembramento e occultamento del cadavere. Mustafa Sahin, il primo a cadere nella sua rete, fu ucciso nel 2008. Nonostante Porpora lo avesse costretto a sposare sua figlia quando rimase incinta, non accettò mai realmente quella relazione. Lo uccise, ne smembrò il corpo e abbandonò i resti in Alto Adige. La testa, mai rinvenuta fino a oggi, è stata trovata recentemente sotto lastre di cemento nel giardino della vecchia casa di Porpora a Sontheim an der Brenz, da parte del nuovo proprietario.
Nel 2014, Porpora uccise Marco, un altro compagno della figlia. Stavolta agì con l’aiuto dei suoi due figli, strangolando la vittima in un garage. Il corpo fu congelato, smembrato con una motosega e i resti portati in Sicilia, nascosti in un bosco vicino a Enna. L’ultimo omicidio avvenne nel 2018, quando Porpora uccise il proprietario del garage che aveva preso in affitto. La vittima fu legata e costretta con la forza a firmare dei contratti prima di essere assassinata. Anche in questo caso, Porpora agì con i figli, che ora scontano pene di 9 e 15 anni, mentre lui è stato condannato all’ergastolo.
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Il riconoscimento di Mustafa Sahin
La svolta sul caso Sahin è arrivata grazie alla confessione dello stesso Porpora, già in carcere, che ha indicato di essere stato lui ad aver lasciato il corpo in Italia. La polizia del Baden-Württemberg ha allora contattato la Questura di Bolzano, facendo riaprire il fascicolo rimasto senza nome per quasi due decenni. Decisivo è stato il riconoscimento da parte della moglie di Sahin, la figlia di Porpora, che ha identificato vestiti e mani del cadavere. La successiva comparazione del DNA con quello dei figli e dei genitori di Sahin ha confermato l’identità della vittima. Ora si attende solo la conferma del DNA sul cranio ritrovato in giardino per mettere definitivamente la parola fine a uno dei casi più macabri e sconvolgenti degli ultimi anni.
Una storia di ossessione e morte
Il caso Porpora rappresenta un esempio estremo di controllo paterno sfociato in violenza, con un uomo che ha rifiutato ogni legame affettivo della figlia fino a distruggerne la vita e quella di tre famiglie. Il suo nome è ora legato a una delle pagine più nere della cronaca europea, dove gelosia, possesso e crudeltà si sono intrecciati in una spirale di sangue e silenzio durata quasi vent’anni.
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