L’indagine sulla morte di Chiara Poggi, la 26enne uccisa a Garlasco nel 2007, torna sotto i riflettori con una nuova possibile svolta: un profilo genetico maschile non identificato, ribattezzato dagli inquirenti “Ignoto 3”, è stato isolato su una garza usata durante l’autopsia. Ora la Procura di Pavia vuole capire se si tratta di una contaminazione accidentale o della traccia di un complice ancora mai individuato.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il passo successivo dell’inchiesta sarà passare al setaccio il profilo genetico di circa trenta persone: tra questi, ex compagni di scuola di Andrea Sempio – amico del fratello della vittima e indagato per omicidio in concorso – ma anche carabinieri, medici legali, soccorritori e personale delle pompe funebri che entrarono in contatto con il corpo di Chiara.
Il profilo di Ignoto 3
Il frammento biologico è stato trovato su una garza utilizzata durante il prelievo del materiale biologico dalla bocca della giovane. L’esame è stato condotto dalla genetista Denise Albani, perita nominata dal giudice per l’incidente probatorio. Il Dna maschile è dotato di 22 marcatori genetici e risulta particolarmente “netto” per alcuni esperti, mentre altri – come Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi – lo ritengono una traccia contaminata e priva di reale valore probatorio. L’ipotesi principale resta quella di una contaminazione, ma la Procura non esclude alcuna pista: il cromosoma Y isolato potrebbe teoricamente appartenere a una seconda persona presente sulla scena del crimine, e non solo a personale coinvolto nel recupero e nella gestione del cadavere.
Il controllo tra i compagni di Andrea Sempio
Proprio per escludere – o confermare – la possibile presenza di un complice, i magistrati hanno acquisito i registri scolastici dell’istituto frequentato da Sempio nel 2007. A quanto pare, verranno ascoltati anche alcuni insegnanti, oltre a valutare un eventuale confronto genetico con ex compagni di classe e conoscenti dell’indagato. L’obiettivo è chiaro: trovare un match o chiudere definitivamente la pista di “Ignoto 3”.
I nodi della contaminazione
Le domande aperte restano molte. La perita Albani ha interrogato Marco Ballardini, il medico legale che eseguì l’autopsia, e il suo assistente Ernesto Gabriele Ferrari, il cui Dna è già risultato presente in parte sulla garza. Si cerca di chiarire come fu effettuato il prelievo, con quali strumenti e in che condizioni igieniche. Si indaga anche sullo stato di conservazione delle pinze, sul numero effettivo di persone presenti nella sala autoptica e sul tipo di materiale usato – forse un dischetto di tessuto non sterile, anziché un tampone professionale.
L’ultima replica: l’ultima chance?
Luciano Garofano, ex comandante del RIS e oggi consulente della difesa di Andrea Sempio, ha dichiarato che il Dna sarebbe in realtà un mix tra quello dell’assistente Ferrari e di una seconda persona sconosciuta, confermando la teoria della contaminazione avvenuta prima del prelievo autoptico. Proprio per fugare ogni dubbio, la genetista Albani ha annunciato che eseguirà un’ultima prova sul campione contenente entrambi i profili maschili. Sarà l’ultima possibile, dato che il materiale biologico è ormai esaurito. Tuttavia, proprio quel test è risultato quello con la maggiore concentrazione genetica maschile tra tutti gli eseguiti finora, motivo per cui l’attenzione investigativa resta massima.
Tutto (ancora) in sospeso
La posizione della Procura resta di cauta apertura: si valutano tutte le ipotesi, ma nessuna è ancora confermata. Lo spettro di una contaminazione accidentale è concreto, ma l’eventualità che “Ignoto 3” sia una persona mai identificata, presente accanto al corpo o nella casa al momento del delitto, non può ancora essere esclusa. Il caso Poggi, a diciotto anni dall’omicidio, si arricchisce così di nuove domande e vecchie ombre. E finché quel cromosoma Y non avrà un nome, la verità sul delitto di Garlasco resterà incompleta.
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