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Garlasco, trovata l’impronta dell’assassino di Chiara. E’ sporca di sangue e non è mai stata analizzata

Garlasco, trovata l’impronta dell’assassino di Chiara. E’ sporca di sangue e non è mai stata analizzata

Non c’è solo la famosa impronta “numero 33”, quella attribuita ad Andrea Sempio, al centro del nuovo filone d’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi. A distanza di 18 anni dal delitto, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco, gli inquirenti stanno riesaminando anche un altro segno rimasto finora senza identità certa: il cosiddetto “contatto papillare numero 10”, una traccia di mano sulla parte interna della porta d’ingresso della casa della vittima.

La traccia dimenticata: il “contatto numero 10”

Quella che oggi riemerge dai faldoni polverosi dell’indagine è una vecchia impronta, rilevata dal RIS di Parma il 17 agosto 2007, appena quattro giorni dopo il ritrovamento del corpo di Chiara. All’epoca, la traccia non fu considerata di particolare rilevanza, anche perché non fu sottoposta ad accertamenti biologici per verificare la presenza di sangue. Fu classificata come “non attribuibile” per via del numero insufficiente di punti di confronto utili: ne furono trovati solo otto, mentre per una comparazione certa ne servono almeno sedici.

La nuova consulenza dattiloscopica, affidata all’esperto del RIS Gianpaolo Iuliano e al dattiloscopista forense Nicola Caprioli nell’ambito delle indagini riaperte dalla Procura di Pavia, ha confermato l’impossibilità di attribuire l’impronta. Nonostante l’uso di tecnologie più avanzate e la digitalizzazione di tutto il materiale fotografico, la difficoltà oggettiva rimane.

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La “mano sporca” e il sospetto del sangue

Tuttavia, è il contesto in cui è stata trovata questa impronta a sollevare nuove domande. Secondo quanto scritto già nel 2020 in un’informativa dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Pavia, il “contatto papillare numero 10” fu lasciato presumibilmente da una «mano sporca». Le analisi del tempo, con l’utilizzo di polveri e luce UV, mostrarono che il segno sulla porta poteva essere stato lasciato da chi stava abbandonando la scena del crimine.

L’ipotesi, all’epoca mai approfondita, era che potesse trattarsi della mano insanguinata dell’aggressore. Ma né nel 2007 né oggi è stata possibile una verifica, dal momento che non furono eseguite analisi specifiche per cercare residui ematici sulla traccia. Una scelta che oggi solleva forti perplessità, considerando che quel contatto si trovava esattamente sulla via di fuga dell’assassino.

Come l’impronta 33: anche la 10 fu rimossa

Proprio come l’impronta 33 (quella che sarebbe stata poi associata ad Andrea Sempio e che si trovava sulle scale che portano alla cantina, accanto al corpo di Chiara), anche la numero 10 fu asportata grattando l’intonaco della porta. Una prassi adottata allora dai RIS di Parma, che scelsero di rimuovere e conservare le tracce senza però procedere ad accertamenti biologici. A oggi, l’impronta numero 10 non è stata ancora attribuita ad alcuno. Rimane però una traccia potenzialmente cruciale: fosse confermata la presenza di sangue, rappresenterebbe la prova di un contatto diretto dell’aggressore con una superficie interna della casa nel momento successivo all’aggressione.

La Procura vuole vederci chiaro

Il procuratore aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano stanno valutando tutti gli elementi ignorati o sottovalutati durante le prime fasi dell’inchiesta. L’obiettivo è ricostruire con precisione i movimenti all’interno della villetta e individuare con certezza tutte le persone che vi entrarono quella mattina del 13 agosto.

Anche se questa impronta non porta un nome, la sua esistenza e la sua collocazione la rendono una traccia inquietante: era lì, sulla porta d’ingresso della casa dove Chiara fu aggredita e uccisa. E oggi potrebbe contribuire a fare luce su un mistero lungo 18 anni.

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