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Garlasco, Una foto mai vista prima inguaierebbe Andrea Sempio. Perchè c’è Chiara?

chiara poggi e andrea sempio chiara poggi e andrea sempio

La teoria di Luigi Grimaldi sul coinvolgimento di Andrea Sempio nel delitto di Chiara Poggi — basata su un vecchio post social — solleva interrogativi affascinanti, ma alla prova dei fatti non regge. In un recente video pubblicato sul suo canale YouTube, Grimaldi, regista e in passato inviato per Le Iene sul caso Garlasco, ha ipotizzato una possibile simbologia o messaggio nascosto in un post dell’indagato. Ma, osservando attentamente il contesto, la tesi appare più suggestiva che concreta.

La “foto mai vista prima” che avrebbe “inguaiato” Andrea Sempio

Il punto centrale dell’ipotesi di Grimaldi è una foto pubblicata da Andrea Sempio su Thinglink.com nel novembre 2014, condivisa anche su Twitter (oggi X), in cui compare una ragazza taggata col nome “Chiara” — lo stesso nome della vittima, Chiara Poggi. Secondo Grimaldi, potrebbe trattarsi di un comportamento tipico di alcuni profili criminali che tendono a lasciare “messaggi” o “indizi” post-delitto, anche inconsci. Tuttavia, questa lettura risulta forzata, soprattutto considerando che:

  • Il nome “Chiara” è estremamente comune in Italia.
  • Non ci sono altri elementi simbolici o contenutistici nella foto che rimandino alla vittima.
  • Il contenuto era probabilmente parte di un esercizio didattico del corso IFTS di comunicazione frequentato da Sempio, come confermano numerosi post con hashtag simili (#twittopureio) pubblicati da suoi compagni di classe lo stesso giorno.

In sostanza, non ci sono prove di un collegamento tra quel post e l’omicidio di Chiara Poggi. È lecito ipotizzare che il tag “Chiara” sia stato inserito in modo casuale o riferito a una compagna di corso realmente chiamata così.

Il contesto del corso IFTS e l’uso dei social

Il corso IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) frequentato da Sempio nel 2014 aveva un indirizzo legato alla comunicazione multimediale e giornalistica. In quel contesto, era prassi comune svolgere esercitazioni online utilizzando piattaforme come Thinglink per la creazione di contenuti interattivi e Twitter per simulare dinamiche di comunicazione digitale. La pubblicazione di contenuti con tag, hashtag, e link era parte del percorso didattico. E la coincidenza del nome “Chiara”, nella foto, non può essere automaticamente associata a Chiara Poggi senza altri elementi oggettivi di conferma.

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Presunzione di innocenza e sensazionalismo

Grimaldi, pur specificando che per Sempio vale il principio di innocenza, avanza l’ipotesi che alcuni post dell’indagato possano contenere significati reconditi. Ma l’analisi, pur interessante dal punto di vista narrativo, non offre elementi probatori. Il rischio, come sottolineato da molti osservatori, è quello di alimentare il sensazionalismo, generando giudizi anticipati basati su interpretazioni parziali di contenuti ambigui o decontestualizzati.

Il vero centro dell’inchiesta oggi

L’indagine della Procura di Pavia non ruota attorno ai post social, ma si concentra su:

  • Una impronta palmare attribuita a Sempio e trovata nel 2007 sulla parete della scala dove fu ritrovato il corpo di Chiara Poggi.
  • Il DNA trovato sotto le unghie della vittima, che la Procura considera compatibile con quello dell’indagato.
  • L’alibi dello scontrino del parcheggio, consegnato un anno dopo i fatti e giudicato debole.
  • Alcuni bigliettini manoscritti recuperati dalla spazzatura, in cui Sempio avrebbe annotato i suoi movimenti del giorno dell’omicidio, insieme a frasi criptiche («Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare»).

Conclusioni

La ricerca di Grimaldi, seppur condotta con un intento investigativo, non aggiunge elementi utili o verificabili all’inchiesta giudiziaria in corso. I social network, pur essendo strumenti rivelatori in alcune indagini, in questo caso sembrano offrire solo materiale ambiguo e facilmente interpretabile in modo suggestivo. Fino a prova contraria, Andrea Sempio rimane innocente. E sarà solo l’esito dell’inchiesta — supportato da elementi forensi concreti — a dire se davvero si trovasse nella villetta di via Pascoli quella tragica mattina del 13 agosto 2007.

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