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Maria trovata impiccata dove lavorava per lo stage, “Sogno infranto, Ecco perché l’hanno licenziata, non è giusto”

Mariia Buhaiova stage Mariia Buhaiova stage

Voleva restare in Italia, costruirsi un futuro qui, imparare la lingua e lavorare nel mondo dell’accoglienza. Il sorriso di Mariia Buhaiova, 18 anni appena compiuti, si accendeva ogni volta che parlava del suo nuovo Paese. Ma quel sogno si è spezzato in una spiaggia salentina, dove il suo corpo è stato ritrovato pochi giorni dopo la notizia che il suo stage in un villaggio turistico non sarebbe stato confermato.

Le indagini — coordinate dalla Procura di Brindisi — non ipotizzano responsabilità penali: la pista del suicidio è al momento quella più accreditata. Nessun segno di violenza, nessuna autopsia disposta. La ragazza, originaria dell’Ucraina ma residente in Slovacchia, era arrivata a metà giugno a Carovigno grazie a un progetto europeo di formazione per il settore alberghiero. Il suo tirocinio era stato organizzato da Agorà Italian Academy di Bratislava, fondata dal barese Mauro Di Chicco, che oggi la ricorda con dolore: «Era una ragazza introversa ma generosa, aveva voglia di imparare. Non era perfetta, ma era motivata».

«Delusa dalla mancata conferma dello stage»

Mariia stava completando le due settimane di formazione al Meditur Village, un resort vicino alla riserva naturale di Torre Guaceto. Il tirocinio, previsto fino al 6 luglio, non si sarebbe trasformato in un contratto. Con lei, anche altri quattro ragazzi si sono visti chiudere le porte in faccia. Le ragioni, racconta Di Chicco, sono state la scarsa conoscenza dell’italiano, un atteggiamento giudicato “non sufficientemente accogliente” e alcuni ritardi nei turni di lavoro. Motivazioni che per il responsabile dell’accademia non bastano a giustificare l’interruzione anticipata: «Nel mondo dell’ospitalità serve un cambio di mentalità. Un tirocinio non può diventare una selezione crudele. Quei ragazzi sono lì per imparare, non per essere giudicati come professionisti affermati».

Un gesto forse pianificato

Mariia è uscita dal villaggio venerdì sera. Era da sola. Le telecamere l’hanno ripresa mentre si dirigeva verso la statale, zaino in spalla. In stanza ha lasciato il passaporto, un caricabatterie, i numeri di telefono dei genitori scritti su un foglietto e 150 euro in contanti. Aveva fatto un bonifico al fratello, poi è scomparsa. Quando è stato trovato il corpo, il 9 luglio, la giovane era seminascosta tra le rocce. Addosso portava un altro cellulare, diverso da quello lasciato in stanza: è stato sequestrato dai carabinieri. L’ipotesi del gesto volontario prende forza anche dalla modalità dell’allontanamento, lucida e silenziosa.

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Il ricordo e l’amarezza

Mariia era figlia di una famiglia spezzata: la madre in Ucraina, il padre in Georgia. Lei aveva scelto la Slovacchia per formarsi, con l’obiettivo chiaro di trasferirsi definitivamente in Italia. Parlava poco, si teneva spesso in disparte, forse frenata dalla lingua o dalla timidezza. Ma era determinata. La delusione per lo stage non rinnovato — spiegano i responsabili dell’Academy — potrebbe averla gettata in un senso di sconfitta troppo grande da reggere, soprattutto per una ragazza così giovane e fragile.

I funerali e la solidarietà

Il Comune di Carovigno ha annunciato che coprirà le spese del funerale, in segno di rispetto per la giovane e la sua famiglia. Il consolato ucraino di Napoli è in contatto con i genitori, arrivati in Puglia per riportare a casa la figlia. La salma si trova all’obitorio del cimitero di Ostuni, in attesa del nulla osta al rimpatrio. «Era arrivata piena di speranza. Ora dobbiamo riflettere su cosa non ha funzionato», dice Di Chicco. Una riflessione che riguarda non solo Mariia, ma tutti quei giovani stranieri che arrivano in Italia con un sogno e troppo spesso si scontrano con freddezza, barriere culturali e giudizi affrettati. Mariia non c’è più, ma il suo silenzioso addio è un richiamo forte all’empatia, alla responsabilità e alla cura verso chi, con coraggio, sceglie il nostro Paese come nuova casa.

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