Sono passati sette anni da quel tragico pomeriggio dell’11 luglio 2018, quando Sara Basso, 13 anni, perse la vita risucchiata da un bocchettone mentre nuotava nella piscina di un hotel a Sperlonga. Oggi, il Tribunale di Latina ha emesso la sentenza: condannati a tre anni di reclusione Mauro Di Martino, rappresentante legale della società che gestisce il Virgilio Grand Hotel, e Francesco Saverio Emini, ex proprietario della struttura. Assolto, invece, Ermanno Corpolongo, l’imprenditore che aveva realizzato la piscina nel 2004.
Il dramma dell’11 luglio 2018
Sara, originaria di Morolo (Frosinone), si trovava in vacanza con la madre a Sperlonga. Quel giorno aveva deciso di fare un tuffo nella piscina dell’albergo, ma è stata improvvisamente risucchiata da un bocchettone di aspirazione e trascinata sott’acqua. I clienti presenti hanno tentato disperatamente di salvarla, ma per la giovane non c’è stato nulla da fare.
Le responsabilità accertate
Secondo l’accusa, il sistema di aspirazione della piscina era malfunzionante e non rispettava i requisiti minimi di sicurezza. In particolare, mancava un interruttore di emergenza per interrompere il funzionamento della pompa, l’unico disponibile si trovava in un locale tecnico distante oltre due metri dalla piscina. Inoltre, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, non erano presenti bagnini o addetti al salvataggio, altra grave carenza per una struttura ricettiva aperta al pubblico.
Il sostituto procuratore Valerio De Luca, al termine dell’inchiesta, aveva chiesto due anni di reclusione per Di Martino ed Emini, ma il giudice Elena Nadile ha inflitto una pena superiore. Assolto il costruttore della piscina, per il quale la Procura aveva comunque chiesto la non colpevolezza.
La voce dei genitori
In aula erano presenti i genitori di Sara, assistiti dagli avvocati Calogero Nobile e Maria Minotti, che hanno seguito il lungo iter giudiziario fino alla sentenza: «Indipendentemente dalla pena, nessuno ci restituirà nostra figlia», hanno dichiarato al termine dell’udienza. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni. Una verità giudiziaria che arriva dopo anni di dolore e che, seppur parzialmente, fissa alcune responsabilità per una tragedia che poteva – e doveva – essere evitata.
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