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Rosa, diventata mamma a 15 anni scappa con l’amico del figlio. Lui non regge il colpo e la uccide

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Per la nostra rubrica sui cold case vi raccontiamo la storia di Rosa. Rosa aveva solo quindici anni quando la vita ha cominciato a chiederle tutto. Nessuno le ha mai chiesto se voleva diventare madre. Lo è diventata. Poi ancora e ancora. Quattro figli, un marito, una casa da accudire. Una vita spesa nel silenzio delle necessità: lavare, rammendare, accudire. Sistemare i cocci degli altri e cancellare i propri desideri. A 34 anni era già nonna. A 38, sola. Il suo matrimonio, logoro da tempo, era finito nel silenzio dell’abitudine. Così Rosa ha fatto qualcosa che nel contesto in cui viveva era considerato impensabile: ha scelto di ricominciare. Ha lasciato il tetto coniugale, portando con sé i figli più piccoli. È andata via da quella vita imposta, da quel ruolo cucito addosso come una divisa. Era ancora madre, certo. Ma anche qualcosa di diverso. Qualcosa che agli occhi degli altri era inaccettabile.

Una libertà imperdonabile

Nel quartiere si parlava. Si mormorava. Perché Rosa aveva trovato lavoro. Perché non si vergognava di essere guardata. E soprattutto, perché anni prima aveva fatto “quella cosa”: era scappata con un ragazzo più giovane di dieci anni, Benedetto, amico del figlio maggiore, Filippo. Uno scandalo, dicevano. «Una madre certe cose non le fa.» La riportarono a casa quasi con la forza. Le donne, in quel mondo, appartenevano sempre a qualcuno: prima al padre, poi al marito, poi ai figli. Mai a sé stesse. Ma Rosa non si piegava. Non era più disposta a vivere nell’ombra.

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«Volevo mia madre solo per me»

Il 7 settembre del 2000, la libertà di Rosa è stata punita. Suo figlio Filippo, 29 anni, l’ha aspettata sotto casa. Rosa stava per salire sulla sua Fiat 126 gialla, la macchina con cui andava al lavoro. La sua indipendenza, il suo futuro. Filippo aveva una pistola. Le sparò alla testa. Confessò: «Volevo mia madre solo per me.» Una dichiarazione che riassume il pensiero distorto con cui viene ancora vissuto, in certe realtà, il rapporto tra maschi e donne: il corpo della madre come proprietà, la libertà come tradimento. Filippo, il figlio cresciuto in un ambiente in cui gli amici lo chiamavano “cornuto” per le scelte della madre, ha canalizzato la sua rabbia come gli era stato insegnato: nel possesso. È stato condannato a 17 anni di carcere. Oggi è un uomo libero.

Rosa, invece, non lo è mai stata.

Questa è la storia di una donna che ha osato rivendicare qualcosa di semplice e radicale: il diritto a essere padrona di sé stessa. Ma in un contesto dove i ruoli sono rigidi e la libertà femminile viene ancora vista come una minaccia, Rosa ha pagato con la vita il prezzo della sua autodeterminazione. In un’Italia che ancora oggi conta una donna uccisa ogni tre giorni per mano di un uomo, spesso dentro le mura domestiche, la storia di Rosa non è un’eccezione, ma un monito. Perché il patriarcato non si limita a opprimere. Quando viene sfidato, reagisce. E colpisce.

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