Una folla commossa, studenti in lacrime e l’intera comunità riunita attorno alla famiglia di Nadia Lepore, la professoressa 48enne morta in seguito a un tragico incidente in moto, ha riempito oggi la parrocchiale di Stezzano per l’ultimo saluto. L’insegnante, molto conosciuta e stimata, è deceduta il 9 giugno dopo sette giorni di coma, a causa delle gravissime ferite riportate nello schianto avvenuto sull’autostrada A4.
Tra i banchi della chiesa, gremita fin dal primo pomeriggio, tantissimi studenti e colleghi: «Nadia è stata una donna di grande valore – ha detto nell’omelia don Cesare Micheletti, parroco del paese – perché ha cercato di voler bene e di farsi voler bene». Accanto a lui, don Manuel Lodetti, curato della parrocchia, ha ricordato la professoressa come una donna «saggia e generosa, capace di vivere per gli altri, di fondare la sua esistenza sui valori più autentici, quelli ricevuti dalla sua famiglia e condivisi con il marito Dario».
Una tragica fatalità sull’autostrada A4
L’incidente risale al 2 giugno, quando Nadia viaggiava in moto con il marito Dario Carozza, di ritorno da una giornata al mare. Attorno alle 18.30, nel tratto tra Soave e Montebello in direzione Bergamo, la gomma posteriore del maxi scooter è improvvisamente scoppiata, causando la perdita di controllo del mezzo e il conseguente schianto sull’asfalto. Nadia è apparsa subito in condizioni gravissime; è rimasta in coma per una settimana prima di spegnersi nel pomeriggio di lunedì 9 giugno. Il marito, rimasto ferito, è tuttora ricoverato in ospedale.
Una comunità in lutto
La notizia ha scosso profondamente l’intero comune di Stezzano, dove Nadia Lepore viveva e insegnava con dedizione. Lascia nel dolore, oltre al marito Dario, anche la madre Bernardette, il padre Daniele e il fratello Dario. «Nadia ci invita a fondare la nostra vita sulla roccia, su quei principi che la rendono meravigliosa», ha concluso il parroco, affidando la memoria della docente alla forza del suo sorriso, che – come ha detto commosso – «continuerà da lassù ad accompagnare ciascuno di noi».