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Alessandro Venier, la mamma confessa: Piano concordato, ecco perchè l’abbiamo ucciso

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Una verità sconvolgente sta emergendo dall’inchiesta sull’omicidio di Alessandro Venier, il 35enne trovato morto e fatto a pezzi in un bidone nella cantina della casa di famiglia a Gemona del Friuli. La madre dell’uomo, Lorena Venier, ha confessato davanti al magistrato di aver partecipato attivamente all’uccisione del figlio, insieme alla compagna di lui, Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il giovane sarebbe stato prima stordito con una dose letale di farmaci e poi soffocato con un cordino, prima che il suo corpo venisse sezionato e occultato.

Un piano premeditato per evitare la partenza in Colombia

Il movente si fa ora più chiaro: Alessandro aveva pianificato di trasferirsi a breve in Colombia, con la compagna e la loro bambina di appena sei mesi. Un progetto di vita che però non era condiviso né dalla madre né dalla stessa Marylin. Secondo le prime ricostruzioni, entrambe temevano di perdere il legame con la piccola e di vedere sgretolata quella convivenza che aveva creato un fragile equilibrio familiare.

Lorena, in particolare, avrebbe maturato una vera e propria ossessione affettiva nei confronti della nuora, definendola «la figlia femmina che non ho mai avuto». L’idea che potesse allontanarsi con il figlio e la nipotina l’avrebbe spinta a mettere in atto quello che ha poi definito, durante l’interrogatorio: «un gesto mostruoso ma necessario».

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La sera del delitto e il depistaggio

La sera del 25 luglio, Alessandro e le due donne avrebbero avuto l’ennesimo scontro. Apparentemente una lite per motivi banali, forse per la mancata preparazione della cena. Ma quella discussione era solo un pretesto. L’omicidio, secondo gli investigatori, era stato pianificato nei minimi dettagli. Dopo aver somministrato farmaci ad Alessandro per stordirlo, le due donne lo avrebbero soffocato e poi, con un’ascia, sezionato il corpo per nasconderlo nel bidone, coprendolo con calce viva per camuffare l’odore della decomposizione.

Nei giorni successivi, Lorena ha continuato ad andare a lavorare come se nulla fosse. Infermiera conosciuta e stimata in ospedale, nessuno tra i colleghi ha mai notato nulla di strano. Marylin, invece, si prendeva cura della bambina, portandola in carrozzina nei dintorni, mantenendo le apparenze.

Il crollo psicologico e la telefonata al 112

Il fragile patto tra le due donne è durato solo cinque giorni. Il 30 luglio, Marylin è crollata. Passando davanti al bidone dove giaceva il corpo del compagno, ha afferrato il telefono e chiamato il 112. Da lì, l’orrore è venuto a galla.

La giovane colombiana, già affetta da depressione post-partum, è stata colta da un malore in carcere e trasportata in ospedale. Anche Lorena Venier è sotto osservazione per evitare gesti autolesionistici. Intanto, la figlia della coppia, neonata, è stata affidata ai Servizi sociali.

Una vita difficile e un passato oscuro

Emergono nuovi dettagli sulla vita di Alessandro Venier. Disoccupato, si arrangiava con lavoretti occasionali. Tra i suoi hobby, una passione pericolosa: collezionava residuati bellici della Seconda guerra mondiale, che cercava nei boschi e talvolta rivendeva ad altri appassionati. Un’attività che aveva attirato l’attenzione delle forze dell’ordine e che ora potrebbe offrire ulteriori spunti investigativi.

Anche il sogno colombiano di Alessandro non era privo di ombre: avrebbe avuto contatti con imprenditori locali e si parla di attività poco chiare, ancora da accertare, che potrebbero collegarsi alle motivazioni dell’omicidio. I rapporti tesi con la compagna e la madre si sarebbero ulteriormente inaspriti proprio per via di questa decisione imminente di trasferirsi all’estero.

Un delitto che ha scioccato l’Italia intera

Il caso Venier scuote le coscienze per l’efferatezza del gesto, per la freddezza con cui il cadavere è stato trattato, e soprattutto per l’identità delle persone coinvolte: due figure femminili apparentemente insospettabili, che avrebbero stretto un patto mortale per bloccare un sogno ritenuto pericoloso. Ora spetterà alla giustizia accertare ogni responsabilità, anche alla luce della premeditazione contestata dalla Procura. L’udienza di convalida davanti al giudice si terrà oggi, 2 agosto.

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