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Bidella si sente male a scuola e muore, colpa di ciò che ha mangiato in pausa pranzo. Era a Perugia per lavoro

bidella morta per listeria bidella morta per listeria

Dovrà presentarsi davanti al Tribunale penale di Perugia un imprenditore della provincia di Arezzo, chiamato a rispondere dell’accusa di omicidio colposo in relazione alla morte di una donna di 63 anni, bidella in servizio in una scuola dell’Alta Umbria, deceduta nel marzo 2024 dopo aver consumato un salume contaminato da Listeria monocytogenes.

L’episodio e la tragedia

La donna, originaria della Campania ma residente da tempo a San Leo Bastia, aveva acquistato in un alimentari di Trestina un insaccato artigianale prodotto da un’azienda agricola con sede nel territorio aretino. Quel panino, preparato per il turno pomeridiano a scuola, si è trasformato in un tragico pasto: subito dopo averlo consumato, la 63enne ha accusato forti dolori addominali, vomito e malessere, tanto da richiedere l’immediato ricovero all’ospedale di Città di Castello. A nulla sono serviti i venti giorni di cure ospedaliere: la donna è morta agli inizi di marzo 2024, vittima – secondo quanto accertato successivamente – di una grave forma di listeriosi.

Le indagini e le prove raccolte

A seguito del decesso, è stata avviata un’inchiesta da parte della Procura di Perugia, con il supporto dei Carabinieri del Nas e dell’Asl. Decisivo è stato il ritrovamento dello scontrino che ha permesso di risalire all’alimento consumato dalla vittima. Tracciando il lotto di produzione del salume, è scattato il ritiro di circa 100 chili di prodotto dal mercato. Le analisi condotte dall’Istituto Zooprofilattico di Perugia, insieme a una consulenza disposta dalla Procura, hanno stabilito un nesso diretto tra la morte e l’assunzione del salume contaminato, confermando la presenza del batterio Listeria monocytogenes nel prodotto incriminato.

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Le posizioni delle parti

La famiglia della vittima, assistita dall’avvocato Michela Paganelli, si è costituita parte civile nel processo. L’imprenditore, oggi formalmente indagato per omicidio colposo, ha invece scelto di affidarsi agli avvocati Niki Rappuoli del foro di Arezzo e Carlo Bonzano del foro di Roma. La difesa dell’imputato contesta fermamente la ricostruzione della Procura, sostenendo che non vi sia un nesso causale certo e scientificamente inoppugnabile tra il consumo del salume e il decesso della donna. La linea difensiva punta anche a sottolineare che il figlio e il marito della vittima – che avevano mangiato la stessa pietanza – avevano accusato solo lievi sintomi, senza necessità di ricovero.

Le prossime tappe giudiziarie

Il caso, oltre al dolore per una morte tragica, apre interrogativi rilevanti sulla sicurezza alimentare e sulla responsabilità dei produttori in tema di igiene e controlli di filiera. Il procedimento giudiziario entrerà nel vivo nei prossimi mesi, quando il giudice del Tribunale di Perugia dovrà stabilire se le prove raccolte siano sufficienti per un rinvio a giudizio o per altre decisioni procedurali. Nel frattempo, la vicenda resta uno dei più gravi casi recenti di contaminazione alimentare nella regione e rischia di segnare un precedente importante sul fronte della tutela della salute pubblica e delle responsabilità connesse alla produzione e commercializzazione di alimenti artigianali.

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