Bimbi caduti a Bologna: La tragedia per colpa di 5 euro. Ecco cosa è accaduto davvero
“Soltanto ipotesi”, dicono gli inquirenti. “Una disgrazia, un incidente”, ripetono da sabato scorso. Il giorno in cui David e Benjamin, 14 e 11 anni, cadono dall’ottavo piano di un palazzo della Barca, periferia di Bologna. Perché? “A questa domanda forse non risponderemo mai”, si arrovella un investigatore. Un mistero che ruota attorno a soli cinque euro, il resto sbagliato che i bambini portano a casa dopo la spesa. Il papà si arrabbia, li mette in punizione, chiude a chiave il portone e va a fare la doccia. E loro, secondo una delle ultime ricostruzioni da Repubblica, bisticciano sulla versione da dare per giustificarsi. Cose da ragazzini, il più grande che dice al piccolo di tenere la bocca chiusa, l’altro che non ci sta. Si spostano sul balcone, forse una spinta di troppo a ridosso del parapetto e Benjamin, più esile, cade dall’ottavo piano. David si dispera e lo segue nel vuoto.
Il puzzle delle ultime ore di vita dei fratellini comincia alle 8.30 di sabato. Heitz Chabwore, 43 anni, kenyano, è in casa. La moglie connazionale Lilian Dadda, 39 anni, parrucchiera, è a lavoro con gli altri due figli più piccoli. Come ogni fine settimana, i ragazzini vanno insieme all’alimentari. Il latte, il pane, massimo venti euro da spendere. Passano anche dal bar, comprano un euro e trenta di caramelle. A casa i conti non tornano. I bambini si giustificano: forse abbiamo perso i cinque euro. Escono, come per cercarli in strada, tornano a mani vuote.
Il papà li sgrida e li punisce: vado a fare la doccia e quando esco dal bagno voglio sapere la verità, è il succo della sfuriata. Loro si preoccupano e non sanno cosa dire. Potrebbe essere questa divergenza a innescare la tragedia. Un litigio sul balcone, il piccolo di 11 anni che cade, il grande che forse cerca di afferrarlo e viene trascinato giù. O peggio che assiste alla scena del fratello e, disperato, si lancia. Tutto succede in una manciata di secondi, 10-15 per chi indaga. Benjamin è caduto in un punto più vicino al palazzo, David un paio di metri più avanti.
Come una storia dalle molteplici trame ma dal finale sempre uguale, le ipotesi sono tante. Un gioco finito male sul balcone, per esempio. Oppure il tentativo di scavalcare il muretto divisorio che separa un appartamento dall’altro, in modo da poter uscire dalla porta del vicino e aggirare la punizione di papà. Negli ultimi tempi in casa c’era un po’ di tensione: David era stato sgridato per le sigarette e un giorno si era presentato a casa con un cellulare non suo, che la mamma ha portato ai carabinieri. L’educazione rigida del padre non basta a spiegare una cosa così grande. Né risultano segnalazioni di interventi particolari in casa. L’autopsia potrà dare qualche dettaglio in più. Dagli esami già fatti, come quelli sulle unghie delle vittime e del genitore, non sono apparsi esiti sospetti.
Di questi figli di Bologna, seconde generazioni senza cittadinanza, parlano tutti bene. Benjamin in mensa a scuola voleva sempre l’insalata, “dada me ne dai ancora?”. Faceva l’ultimo anno della primaria, bella pagella, amatissimo in classe. David andava matto per la pizza con la salsiccia, frequentava la seconda media, qualche fatica in più nello studio, irrequieto come un quattordicenne, benvoluto con quel suo sorriso e l’andatura da suonatore di New Orleans, come lo descrive la bidella Rosa. E quella sua voglia di far ridere gli altri, ricorda un compagno di classe. Il tempo si è fermato ieri per un minuto di silenzio, alle dieci e un quarto, nelle loro due scuole.
Da due anni andavano a fare la spesa da soli. Una volta, i primi tempi di quelle uscite da grandi, si erano dimenticati lo scontrino e anche in quel caso il resto non tornava. La mamma era andata al supermarket a chiedere e da allora, racconta il gestore, “avevano fatto la tessera e li richiamavo se lo dimenticavano”. “Se penso che sono l’ultima ad averli visti, non ci dormo alla notte”, si dispera la signora Lorenza, la barista delle caramelle. “Dove ti giri non si trova il senso di una tragedia che non sarà mai completamente guarita. Quello che ho in testa e nel cuore è una famiglia bella”, osserva Michel Charbonnier, il pastore metodista che ha fatto visita ai genitori, distrutti, chiusi in casa, il papà che piange sempre, la mamma stravolta. La chiesa che frequentavano si stringe attorno a loro, e non li lascerà soli.