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Chiara Poggi colpita anche da una stampella per camminare: c’è l’impronta sul cadavere. Un gesto di disprezzo

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È iniziata con il passaggio formale dei reperti ai periti la prima fase dell’incidente probatorio disposto dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, nell’ambito delle nuove indagini sulla morte di Chiara Poggi, la ragazza di 26 anni uccisa nella sua villetta di Garlasco il 13 agosto 2007. L’atto segna un nuovo snodo in un’inchiesta che, a quasi 17 anni dal delitto, continua a generare interrogativi e dubbi, nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi.

I reperti nelle mani dei periti

Nella caserma dei carabinieri di via Moscova a Milano, sono state consegnate le buste sigillate contenenti i materiali che verranno analizzati nel corso dell’incidente probatorio. «Non è successo nulla di particolare. Nessun verbale tecnico è stato ancora aperto, non c’erano i consulenti di tutte le parti», ha commentato Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi. I reperti verranno aperti e analizzati a partire dal 17 giugno, quando prenderanno concretamente il via gli accertamenti irripetibili disposti dal gip.

Tra i materiali al centro dell’attenzione vi è anche la cosiddetta “impronta 10”, rinvenuta sulla parte interna della porta d’ingresso della villetta. Secondo Capra, al momento non vi sarebbero elementi di rilievo, ma i prossimi accertamenti potrebbero chiarire se si tratti effettivamente della traccia lasciata da una “mano sporca di sangue” durante la fuga dell’assassino.

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L’impronta sulla gamba di Chiara

Un nuovo elemento rilevante è l’impronta rinvenuta sulla gamba della vittima, mostrata per la prima volta dal settimanale Giallo. Secondo il medico legale Pasquale Mario Bacco, la traccia – tre piccoli cerchi disposti geometricamente – sarebbe compatibile con la punta di una stampella dotata di antiscivolo. «Chiara è stata calpestata mentre era stesa», afferma Bacco, parlando di un gesto violento con una valenza simbolica: «Un segno di disprezzo». L’ipotesi apre nuove possibilità investigative: la presenza sulla scena del crimine di un oggetto mai considerato prima, e forse di una persona con difficoltà motorie o un complice.

Le parole di Cassese: “Quel volto non poteva essere pallido”

Nel documentario La verità di Garlasco – L’omicidio di Chiara Poggi, in onda su Sky Tg24 il 13 giugno, emergono anche le dichiarazioni dell’allora comandante dei carabinieri di Vigevano, Gennaro Cassese, che fu tra i primi ad ascoltare Stasi. «Mi colpì – racconta – che nel suo racconto parlasse del viso di Chiara come pallido, quando era in realtà sporco di sangue e coperto di capelli». Una discrepanza che indusse i militari a mostrargli la foto del cadavere, di fronte alla quale Stasi reagì con freddezza assoluta.

Anche il generale Giampietro Lago, ex comandante del Ris di Parma, nel documentario sottolinea come i limiti e gli errori dell’approccio iniziale alla scena del crimine siano già stati riconosciuti nelle sentenze: «È innegabile che siano state commesse delle negligenze nei primissimi rilievi».

Le prossime tappe

Il 17 giugno cominceranno gli accertamenti sui reperti biologici, comprese le tracce di Dna sotto le unghie di Chiara, tra cui spicca quella attribuita ad Andrea Sempio, oggi formalmente indagato per omicidio. Le difese attendono risposte anche sull’impronta 33, lasciata sulla parete della scala, e sulla possibilità di isolare altri profili genetici per verificare se più persone fossero presenti sulla scena del crimine, come ipotizzato da alcuni consulenti.

Il giallo di Garlasco, a distanza di quasi due decenni, non ha ancora una verità pienamente condivisa. La riapertura del caso dimostra quanto ancora resti da chiarire, tra tracce dimenticate, errori iniziali, e potenziali nuovi protagonisti. Le prossime settimane potrebbero finalmente sciogliere alcuni dei tanti dubbi che ancora avvolgono uno dei delitti più controversi della cronaca italiana.

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