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Collaboratrice scolastica strangolata con un filo di ferro, è omicidio e non suicidio. Il dolore dei 5 figli

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È arrivata la condanna all’ergastolo per Aldo Rodolfo Di Nunzio, 73 anni, ritenuto colpevole dell’omicidio della moglie Anna Maria D’Eliseo, collaboratrice scolastica di 60 anni uccisa nella loro abitazione a Lanciano il 15 luglio 2022. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’Assise di Lanciano, che ha accolto integralmente la tesi della Procura: omicidio volontario aggravato, con simulazione di suicidio e nessuna attenuante.

La ricostruzione del delitto

Secondo l’accusa, Di Nunzio avrebbe strangolato la moglie con alcuni fili elettrici prelevati dalla cantina-garage dell’abitazione. Subito dopo, avrebbe tentato di simulare un suicidio, inscenando il corpo della donna come se si fosse tolta la vita da sola. Ma gli accertamenti investigativi hanno smontato questa versione: nessun segno di impiccagione compatibile, nessun gancio o supporto utile per sostenere un gesto autoinflitto. Inoltre, gli audio estratti dal sistema di videosorveglianza esterno alla casa hanno registrato le urla della donna, che implorava di essere lasciata andare: una prova considerata decisiva dai giudici.

Il contesto familiare e le testimonianze

Durante il processo, i cinque figli della coppia sono stati ascoltati come testimoni. Hanno descritto un ambiente familiare teso, in cui la madre viveva nel timore del marito, ma evitava di denunciarlo nel tentativo di mantenere un’apparente stabilità domestica. La donna aveva scoperto da poco di avere un tumore alla tiroide e, nei giorni precedenti alla sua morte, aveva redatto un testamento a favore dei figli. Solo uno di loro avrebbe riferito una frase in cui la madre sembrava esprimere intenti suicidi, ma per i giudici non sufficiente a smentire la tesi dell’omicidio.

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Il risarcimento e le reazioni

La Corte ha disposto il risarcimento ai cinque figli della vittima, la cui entità sarà stabilita in sede civile. È stato inoltre riconosciuto un risarcimento simbolico di 1.000 euro all’associazione Dafne, costituitasi parte civile nel processo a sostegno delle vittime di violenza domestica.

Alla lettura della sentenza, Di Nunzio si è detto sconvolto, mentre i suoi legali, gli avvocati Calogero Talluto e Alessandra Baldassarre, hanno annunciato ricorso in appello. «Siamo curiosi di capire come la Corte giustificherà alcune incongruenze evidenziate durante il dibattimento», hanno dichiarato. La difesa ha sempre sostenuto l’innocenza dell’imputato, definendo il processo «indiziario, privo di prove definitive».

Momenti di tensione fuori dall’aula

Al termine della lettura della condanna, tensione tra l’imputato e i familiari della vittima. All’uscita dall’aula, Di Nunzio avrebbe mostrato segni di stizza, generando un acceso scambio verbale con i parenti di D’Eliseo, prontamente placato dalle forze dell’ordine.

Con questa sentenza, si chiude un caso che ha scosso profondamente la comunità di Lanciano, restituendo – almeno formalmente – giustizia alla memoria di Anna Maria D’Eliseo, ma lasciando aperto il dibattito su un dramma familiare che ha lacerato per sempre una famiglia.

 

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