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Garlasco, l’amico suicida di Sempio e quel messaggio prima di morire: “Lui voleva quella ragazza”

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Era il 2016 quando Michele Bertani, amico stretto di Andrea Sempio – oggi indagato nella riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi – si tolse la vita. Un gesto che all’epoca sembrò scollegato dal dramma di Garlasco, ma che oggi torna prepotentemente a far discutere. A destare l’attenzione, un post pubblicato da Bertani su Facebook pochi mesi prima della sua morte. Una frase apparentemente criptica, che oggi – alla luce delle nuove indagini – assume sfumature diverse, cariche di suggestione e mistero.

Il post misterioso e la frase criptata

Il messaggio postato da Bertani riportava alcune parole tratte dalla canzone La Verità dei Club Dogo: «La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà…». Una frase dal significato profondo, già di per sé inquietante. Ma ciò che oggi colpisce è l’uso apparentemente irregolare di lettere maiuscole. Secondo un’analisi citata da Il Tempo e condotta dal giornalista Luigi Grimaldi, queste maiuscole non sarebbero casuali. Isolandole e applicando una traslitterazione ebraica, ne risulterebbe una frase enigmatica: «C’era una ragazza lì che sapeva» oppure “C’era una ragazza che lui voleva”

Un messaggio cifrato? Una confessione simbolica? Forse un’allusione a Chiara Poggi? O solo un gioco di parole destinato a rimanere senza spiegazione? Non esistono certezze, ma il dettaglio ha riacceso l’interesse intorno alla figura di Bertani, che all’epoca fu considerata marginale.

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Il nome in codice e la mistica ebraica

Un altro elemento che fa riflettere è il nome utente scelto da Bertani sul suo profilo: Mem He Shin. Secondo alcuni studiosi di simbologia ebraica, questa sequenza corrisponde al quinto nome di Dio nella Cabala. Una scelta insolita, che si presterebbe a diverse interpretazioni esoteriche. Forse un modo per proteggere un segreto? O una semplice fascinazione per la cultura mistica?

La Golf nera e l’avvistamento davanti a casa Poggi

Nel puzzle che si arricchisce di nuove tessere, emerge un ulteriore dettaglio: Michele Bertani nel 2007 possedeva una Volkswagen Golf nera, immatricolata nel 2004. Un’auto compatibile con quella descritta da Marco Muschitta, testimone chiave che, in un primo verbale, disse di aver visto quella mattina un’auto scura, media, parcheggiata nei pressi della villetta di via Pascoli, poco prima del ritrovamento del cadavere di Chiara Poggi. Un’auto simile a quella di Bertani. In seguito, però, il testimone avrebbe ritrattato, affermando di non ricordare con precisione. L’auto, la vicinanza temporale e geografica, il legame d’amicizia con Andrea Sempio: elementi che da soli non provano nulla, ma che contribuiscono ad alimentare dubbi. Michele Bertani è mai stato ascoltato dagli inquirenti all’epoca dei fatti? E se sì, in che ruolo?

Omicidio in concorso e nuovi esami in arrivo

Nell’ambito dell’inchiesta rinnovata dalla Procura di Pavia, i magistrati ipotizzano un omicidio in concorso, con più di una persona coinvolta nella morte di Chiara Poggi. È proprio per questo che si torna ad analizzare ogni dettaglio, comprese le tracce biologiche e le impronte rinvenute nella villetta, tra cui la famosa impronta n. 33 e il Dna sotto le unghie della vittima. L’incidente probatorio fissato per il 17 giugno potrebbe far emergere nuovi elementi. Intanto, il gesto tragico di Bertani e le sue parole criptiche continuano a suscitare interrogativi.

La frase che pesa come un’ombra

«La verità nessuno mai te la racconterà», scriveva Michele. Forse una semplice citazione, forse un grido di rabbia, forse qualcosa di più. Quel post, tornato a galla a quasi 18 anni dall’omicidio di Chiara, potrebbe essere solo suggestione. O, al contrario, un tassello sfuggito per troppo tempo alla narrazione ufficiale. Per ora, resta sospeso nel tempo, come tutto il caso Garlasco. Un enigma che, nonostante le condanne, continua a riemergere. E che chiede ancora, ostinatamente, verità.

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