Le nuove indagini della Procura di Pavia sul caso Chiara Poggi, a quasi vent’anni dal delitto di Garlasco, stanno riaccendendo i riflettori su elementi rimasti ai margini nell’inchiesta originaria che ha portato in carcere Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni.
Tra i dettagli riemersi dall’analisi dei vecchi fascicoli, vi è un’impronta misteriosa, rimasta finora poco discussa ma potenzialmente cruciale: un segno di tacco-punta rilevato sulla coscia destra della vittima, Chiara Poggi, compatibile con una calzatura femminile. A riportarlo è Il Giorno, citando il verbale autoptico del medico legale Marco Ballardini, in cui si parla di una “lesione ecchimotico-escoriata” attribuibile a un calpestamento violento, forse nel corso dell’aggressione.
Un’impronta che non appartiene a Stasi
Questa impronta non corrisponde né a quella n° 42 a pallini, attribuita a Stasi, né a quella palmare sul muro della taverna, oggetto delle polemiche recenti legate all’ipotesi di un coinvolgimento di Andrea Sempio, amico della vittima oggi formalmente indagato.
La scarpa a cui viene ricondotta l’impronta incriminata non sarebbe una Frau (modello usato da Stasi), ma una calzatura dotata di tacco, e dunque potenzialmente indossata da una donna. La composizione dell’ematoma e la posizione sulla coscia fanno pensare a un contatto diretto e violento, forse nel momento in cui Chiara era già a terra, priva di difese.
Una donna sulla scena del crimine?
L’eventualità che una figura femminile fosse presente nella casa al momento dell’aggressione — o subito dopo — apre un nuovo e inquietante scenario. Gli investigatori non escludono che questa persona possa aver avuto un ruolo attivo, ma al momento non esistono elementi identificativi: nessun DNA, nessuna testimonianza, nessun riscontro.
È anche possibile che il calpestamento sia avvenuto dopo la morte, come gesto accidentale o volontario, rendendo difficile stabilirne il peso processuale. Tuttavia, il suo silenzio nei verbali chiave desta domande, soprattutto alla luce del fatto che molti aspetti dell’autopsia furono all’epoca sottovalutati o archiviati.
Le ferite al volto e l’arma mai trovata
A complicare il quadro ci sono le lesioni al volto della ragazza, compatibili con pugni o colpi dati a mani nude. Anche questo dettaglio potrebbe suggerire una colluttazione, magari con più soggetti coinvolti, in momenti differenti. E resta un mistero anche l’arma del delitto, mai ritrovata.
Chiara, secondo i periti, non si è difesa: né graffi, né segni di contatto sulle mani. Probabilmente è stata sorpresa e colpita prima di potersi rendere conto della gravità della minaccia.
Una verità ancora in divenire
A distanza di quasi vent’anni, la possibilità che il caso non sia chiuso del tutto si fa concreta. Se si dimostrasse che più persone erano coinvolte, o che Stasi non era solo, o addirittura che non fosse lui il colpevole, ci troveremmo di fronte a una revisione clamorosa di uno dei casi più discussi della cronaca nera italiana.
La Procura è ora chiamata a verificare ogni dettaglio rimasto nell’ombra, con particolare attenzione a tracce trascurate e testimonianze che potrebbero riemergere con nuova luce. Lo scenario è aperto. E la storia di Chiara Poggi, purtroppo, ancora incompleta.