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Gemona, Alessandro Venier si è accorto di tutto, è morto in 6 ore. Si dimenava, non voleva morire

Alessandro Venier ucciso dalla madre Alessandro Venier ucciso dalla madre

Il caso dell’omicidio di Alessandro Venier, 35 anni, ucciso nella sua casa a Gemona del Friuli (Udine), ha assunto contorni sempre più macabri e scioccanti. I nuovi dettagli emersi durante l’udienza di convalida degli arresti parlano di un delitto pianificato nei minimi particolari, portato a termine dalla madre Lorena Venier, 61 anni, con la complicità della compagna della vittima, Mailyn Castro Monsalvo, 30enne di origine cubana.

Alessandro Venier, Sei ore di agonia

Secondo la ricostruzione fornita dalla stessa Lorena agli inquirenti, il tentativo di uccidere il figlio è durato oltre sei ore, iniziato alle 17:30 del 25 luglio e concluso solo attorno alle 23:00. Il piano era inizialmente “soft”: Alessandro doveva essere sedato. La madre ha dichiarato di aver versato un blister intero di sonniferi nella limonata. Ma Alessandro ha reagito e, nonostante la sedazione, è rimasto vigile. A quel punto, Lorena gli ha somministrato due iniezioni di insulina, che conservava in casa da anni per scopi autolesionistici. Anche questo però non è bastato a ucciderlo rapidamente. Alessandro, sebbene indebolito, continuava a opporsi al soffocamento con un cuscino.

Il “piano B”: sezionare il corpo

L’omicidio era premeditato, ma non prevedeva l’occultamento del cadavere in quel modo. Solo dopo il decesso, Lorena ha compreso che il corpo del figlio non sarebbe entrato per intero nel bidone scelto per farlo decomporre, in attesa di disperderlo in montagna, come da presunto “desiderio” del figlio. Con un seghetto, ha fatto il corpo in tre pezzi. Mailyn ha poi trasportato i resti nell’autorimessa e li ha cosparsi di calce viva.

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«Mailyn chiedeva di ucciderlo da sei mesi»

Lorena Venier ha raccontato di essere stata spinta dalla nuora all’omicidio. Da mesi Mailyn le chiedeva aiuto per liberarsi di Alessandro, accusato di essere violento, aggressivo e insensibile alla depressione post partum della compagna. «Mi minacciava, la picchiava, non le dava tregua» ha dichiarato Lorena, rivelando anche un episodio in cui il figlio l’avrebbe colpita con un pugno alla schiena dopo una lite.

Il piano post-delitto: fuga e bugie

Secondo quanto dichiarato dalla madre, dopo l’omicidio Mailyn avrebbe dovuto tornare in Colombia con la figlia piccola. Lorena avrebbe poi raggiunto madre e nipotina una volta in pensione. La versione ufficiale che si voleva raccontare alla bambina, in futuro, era ben architettata: il padre sarebbe stato descritto in modo positivo, tenendo nascosta la verità sulla sua morte violentaUn particolare inquietante: Alessandro era in procinto di partire per la Colombia da solo, forse per evitare di finire in carcere per una condanna pendente. Le due donne avrebbero quindi anticipato il loro piano, certi che la sua scomparsa non avrebbe sollevato sospetti tra conoscenti o autorità.

Le minacce di Alessandro

Secondo quanto verbalizzato da Lorena, le minacce di Alessandro alla compagna erano continue. Tra le frasi riferite agli investigatori, una in particolare spicca per crudeltà: «Ti porto in Colombia e ti annego nel fiume, tanto laggiù non ti cerca nessuno». Un’escalation di terrore domestico che avrebbe portato madre e nuora a stringere un patto criminale, pur senza mai sporgere denuncia alle forze dell’ordine per paura di ritorsioni.

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La bambina e l’istituto per madri

Mailyn è stata trasferita nell’Istituto a custodia attenuata per madri della Giudecca, a Venezia. Con lei c’è la bambina nata a gennaio. I suoi avvocati, Federica Tosel e Francesco De Carlo, attendono di poterla incontrare per raccogliere la sua versione ufficiale dei fatti. Fino ad ora, Mailyn non ha rilasciato dichiarazioni formali, eccetto le confessioni non verbalizzate fatte subito dopo l’arresto, che non potranno essere utilizzate in sede processuale.

Le indagini e le prossime mosse

Le indagini proseguono per accertare le responsabilità precise delle due donne. I reati ipotizzati sono gravi tra cui Omicidio premeditato, occultamento di cadavere, e istigazione all’omicidio. È già stata disposta una perizia psichiatrica su Lorena Venier, vista la lucida freddezza con cui ha raccontato i dettagli del delitto. L’autopsia sui resti di Alessandro e le analisi tossicologiche saranno decisive per comprendere la reale dinamica della morte e confermare l’uso dei farmaci e dell’insulina. Un delitto familiare che scuote le coscienze per la freddezza, la lucida premeditazione e l’intreccio tragico di violenza domestica, fragilità psicologica e disperazione. Resta da chiarire quanto di ciò che è stato raccontato sia reale e quanto frutto di strategie difensive. La giustizia farà il suo corso.

a.

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