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La strage di S. Gregorio. Franca uccisa insieme ai 3 figli di 7, 5 e 10 mesi dall’amante del marito. L’aveva fatta licenziare

Franca Pappalardo. rina fort Franca Pappalardo. rina fort
Franca Pappalardo. rina fort

Per la nostra rubrica cold case, oggi vi parliamo della storia del mostro di San Gregorio. E’ il 30 novembre 1946, Milano si risveglia con una notizia destinata a segnare per sempre la memoria collettiva: in un appartamento di via San Gregorio, una giovane madre e i suoi tre figli vengono trovati uccisi. La scena del crimine è tra le più feroci mai viste: Franca Pappalardo, 26 anni, giace senza vita accanto ai suoi bambini, Giovanni  di 7 anni, Giuseppina di 5 e Antonio che aveva solo 10 mesi.

Ad accorgersi per prima della strage è Pina Somaschini, giovane commessa del negozio di tessuti di Giuseppe Ricciardi, marito di Franca. È andata a casa per prendere le chiavi del negozio, non immaginando di trovarsi davanti a una tragedia così agghiacciante.

La pista che porta a Rina Fort

Le indagini sono affidate al famoso commissario Mario Nardone della Squadra Mobile. Gli inquirenti seguono subito una pista precisa: Rina Fort, ex commessa del negozio e, come emerge, ex amante di Ricciardi. La donna, 32 anni, aveva creduto per mesi che Ricciardi fosse separato. Si presentavano come marito e moglie, vivevano insieme. Quando Franca era tornata a Milano con i figli, la verità era venuta a galla. Franca affrontò Rina e la fece licenziare. Quel gesto, quell’umiliazione, avrebbe segnato l’inizio della fine.

Un interrogatorio che fa crollare la verità

Rina viene interrogata per oltre 70 ore, inizialmente senza risultati. Ma Nardone la fa crollare con un espediente: le mostra una sciarpa con del rossetto, fingendo che appartenga a una nuova amante di Ricciardi. Colpita nell’orgoglio, confessa: racconta di una visita serale a casa di Franca, di una discussione accesa, di una spranga, di gesti violenti sfuggiti al controllo.

Ma le sue versioni cambiano più volte nel tempo. Parla di un complice – Giuseppe “Carmelo” Zampulla – ma poi non lo riconosce in aula. Scrive una lettera al suo avvocato in cui dice: “C’è una parte del delitto che non ho commesso”.

Processo, condanna e l’ombra del dubbio

Il processo si apre nel 1950. Rina Fort è al centro di un circo mediatico. Viene descritta come una “mantide”, ma anche come una donna sola, respinta, schiacciata da una passione non ricambiata. Il 9 aprile 1952, viene condannata all’ergastolo. La Cassazione conferma la sentenza l’anno seguente. Ricciardi e Zampulla vengono prosciolti. Rina sconta oltre vent’anni in carcere, poi ottiene la grazia nel 1975. Uscita dal carcere, cambia identità e vive nel silenzio fino alla morte, nel 1988, per un infarto.

Una storia che ancora oggi inquieta

A distanza di quasi ottant’anni, il massacro di via San Gregorio resta una delle vicende più crude e misteriose della cronaca italiana. È una storia di ossessioni e solitudine, di giustizia forse incompleta, di una donna che ha confessato ma ha anche ritrattato, e di quattro vite spazzate via in una notte d’inverno. Il caso continua a suscitare domande: Rina ha agito davvero da sola? Ricciardi era del tutto estraneo? E chi erano davvero le persone coinvolte, al di là delle etichette mediatiche? Quel che resta è un silenzio pesante, come quello che calò su Milano in quel lontano novembre, quando un’intera famiglia fu cancellata. Un silenzio che ancora oggi chiede ascolto.

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