Nuovi sviluppi nell’inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich, la donna triestina di 63 anni trovata priva di vita nel boschetto dell’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste il 5 gennaio 2022, dopo essere scomparsa il 14 dicembre 2021. Il marito Sebastiano Visintin, indagato per omicidio dopo anni di indagini, ha nominato tre nuovi consulenti tecnici per rafforzare la propria difesa.
Accanto al noto biologo ed ex comandante dei RIS di Parma Luciano Garofano, già suo consulente, Visintin ha ora scelto di avvalersi anche della competenza del medico legale Raffaele Barisani, dell’informatico forense Michele Vitiello e della docente di scienze forensi presso la Central Lancashire University, Noemi Procopio.
Chi sono i nuovi consulenti
Michele Vitiello, esperto di informatica forense, avrà il compito di analizzare i dispositivi elettronici e digitali in uso a Sebastiano Visintin. Si tratta di un professionista con una lunga esperienza in casi mediaticamente rilevanti: ha lavorato, tra gli altri, ai casi di Emanuela Orlandi, Denise Pipitone e alla tragedia del Mottarone. Noemi Procopio, invece, rappresenta un nome di spicco nel campo della tanatologia forense. Già coinvolta in passato nel caso Resinovich attraverso uno studio sul microbiota – volto a datare la morte della 63enne analizzando la flora microbica del corpo, non era finora stata consulente ufficiale di parte. Ora entra formalmente nel team difensivo.
Il contesto investigativo
La svolta nell’inchiesta è arrivata dopo che una seconda autopsia, condotta anni dopo il primo esame medico-legale, ha evidenziato la presenza di lesioni compatibili con un soffocamento. Inizialmente si era ipotizzata la morte per cause naturali o suicidio, ma gli ultimi accertamenti hanno spinto la Procura a configurare l’ipotesi di omicidio, perpetrato da una terza persona.
Il marito, Sebastiano Visintin, è attualmente l’unico indagato. Durante una perquisizione nella sua abitazione, gli inquirenti hanno sequestrato circa 700 lame, coltelli e oggetti da taglio, oltre a un maglione di colore giallo. Proprio questa felpa è al centro di ulteriori analisi: sul corpo di Liliana erano infatti presenti fibre compatibili con quel tipo di tessuto.
La difesa di Visintin
Nel corso della trasmissione “Quarto Grado”, Visintin ha cercato di chiarire la propria posizione, dichiarandosi “tranquillo”. Ha spiegato che i coltelli sequestrati erano vecchi strumenti da lavoro, conservati in scatoloni e mai riaffilati né utilizzati dopo la scomparsa della moglie. “Erano oggetti troppo piccoli per essere affidabili o destinabili alla clientela”, ha affermato. Sulla felpa gialla, Visintin ha sottolineato la diffusione del modello: “È un capo molto comune, soprattutto tra i maratoneti. Mio cognato Claudio Sterpin, ex compagno della moglie, ne possiede uno identico, come si vede in una foto del gruppo podistico”.
La prospettiva giudiziaria
Con la nuova squadra di consulenti, la strategia difensiva di Visintin punta a contrastare i risultati dell’autopsia e delle indagini tecniche, e ad offrire una lettura alternativa dei reperti sequestrati. In particolare, si cercherà di dimostrare l’infondatezza del nesso causale tra i materiali ritrovati e l’ipotesi di omicidio. Restano da definire, inoltre, altri elementi chiave:
- L’orario esatto della morte
- L’eventuale presenza di tracce biologiche estranee
- Le discrepanze nei dispositivi digitali, inclusi cellulari e telecamere
- La ricostruzione del pattern motorio della donna in base ai filmati di videosorveglianza, già oggetto di indagine da parte della criminalista Sara Capoccitti
Il puzzle giudiziario è ancora complesso e aperto. Ma con l’ingresso di esperti di caratura internazionale nel team difensivo, si preannuncia una fase di confronto peritale intensa che potrebbe cambiare le sorti del procedimento penale.