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Martina Carbonaro, l’autopsia svela una verità tremenda. La ragazza non era morta, è finita in agonia tra gli stenti

martina e alessio martina e alessio

AFRAGOLA (NAPOLI) – Martina Carbonaro, la 14enne uccisa brutalmente con una pietra lo scorso 28 maggio, è morta dopo lunghi minuti di agonia. È quanto emerge dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Napoli Nord, Stefania Amodeo, che ha convalidato il fermo di Alessio Tucci, l’ex fidanzato 18enne della ragazza, confermando la custodia cautelare in carcere.

Una verità drammatica che smentisce la versione fornita dal giovane, secondo cui Martina sarebbe stata già priva di vita quando lui avrebbe nascosto il suo corpo sotto detriti all’interno di un casolare abbandonato. La consulenza preliminare del medico legale, come riportano Il Mattino, La Repubblica e Corriere della Sera, ha invece chiarito che la ragazza era ancora viva dopo i primi colpi alla testa e che il decesso è sopraggiunto dopo una lenta agonia.

«Personalità allarmante e impulsi incontrollabili»

Nel provvedimento, il gip delinea un profilo inquietante dell’indagato: «una personalità allarmante, incapace di controllare i propri impulsi», si legge nelle motivazioni che hanno portato alla conferma del carcere. La crudeltà dell’azione, la «tranquillità» e la «disinvoltura» con cui avrebbe agito, sono stati elementi centrali nella decisione del giudice, che ha ravvisato il concreto rischio di reiterazione del reato.

La procuratrice di Napoli Nord, Anna Maria Lucchetta, ha parlato esplicitamente di «efferatezza». Tucci, dopo l’omicidio, ha partecipato alle ricerche della ragazza, mentendo ai familiari e simulando preoccupazione, ma sarebbe stato anche abile nel disfarsi dei vestiti sporchi di sangue e nel costruire un alibi iniziale.

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Il casolare abbandonato e la denuncia del legale della famiglia

Al centro dell’attenzione ora anche lo stato di abbandono del casolare dove è stato rinvenuto il corpo della giovane. L’avvocato Sergio Pisani, che assiste i genitori di Martina, ha depositato un’istanza alla Procura di Napoli Nord per chiedere l’identificazione del dirigente comunale responsabile dell’area.

Secondo il legale, si tratta di un sito di proprietà comunale, formalmente riconducibile a un’area dismessa e oggi parte di un cantiere pubblico finanziato con fondi PNRR, ma privo di recinzione, sorveglianza o misure di sicurezza, risultando così accessibile anche a minori. Una circostanza che, a detta dell’avvocato, costituisce una grave omissione di vigilanza da parte delle autorità competenti.

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