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Massimo Bossetti, il nuovo lavoro, il premio culinario, la nuova vita della moglie e il figlio al reality

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Massimo Bossetti torna a far parlare di sé e riporta sotto i riflettori il controverso e doloroso caso dell’omicidio di Yara Gambirasio, a distanza di oltre dieci anni dal tragico ritrovamento della tredicenne. L’uomo, condannato all’ergastolo e recluso nel carcere di Bollate, sarà protagonista del primo episodio di “Belve Crime”, lo spin-off del noto programma condotto da Francesca Fagnani, in onda su Rai 2 a partire da martedì 10 giugno alle 21.20.

Dove si trova oggi Massimo Bossetti

Condannato in via definitiva nel 2018 per l’omicidio della giovane ginnasta di Brembate, Bossetti è oggi detenuto a Bollate, uno degli istituti di pena più moderni d’Italia. Nonostante l’ergastolo, ha cercato di ricostruirsi una quotidianità: lavora nel laboratorio metalmeccanico interno, impegnato nello sviluppo di componenti in alluminio per coibentazioni termoacustiche. In un’intervista rilasciata a Telelombardia nel 2024 ha raccontato con orgoglio di aver curato anche la riconversione dell’area dove si trova l’officina, sottolineando il valore che questo lavoro ha per lui: un modo per sostenere economicamente la famiglia e per mantenere una dignità personale dietro le sbarre.

Nel 2024 ha anche partecipato al concorso culinario interno “Cuochi dentro”, ricevendo un premio per una delle sue ricette simboliche, il “portafoglio farcito full optional”, piatto che – come ha detto – lo commuove per i ricordi legati alla famiglia. Nonostante la condanna, continua a dichiararsi innocente e a chiedere la revisione del processo.

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La moglie Marita Comi e i figli

Marita Comi, la moglie di Bossetti, è rimasta accanto al marito durante tutte le fasi processuali, pur mantenendo negli anni un profilo sempre più riservato. Non ha mai chiesto il divorzio, continua a vivere lontana dai riflettori con i loro tre figli – due maschi e una femmina – oggi adulti. In una rara apparizione nella docuserie Netflix Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio, Marita ha ricordato il momento del crollo: “Ero in cucina che piangevo, poi mi dissero che mio marito era l’assassino di Yara. Sono rimasta ferma a quel giorno”.

I figli, oggi di 23, 20 e 18 anni, sono cresciuti cercando di tenersi lontani dalla pressione mediatica. Uno di loro, Nicolas, è stato falsamente accostato a una partecipazione al Grande Fratello – notizia poi smentita categoricamente da Mediaset.

Il caso Yara: il Dna, la condanna e i tentativi di revisione

La condanna di Bossetti ruota attorno a quella che è stata definita “la prova regina”: il Dna. Un profilo genetico maschile, prelevato dai leggings della ragazza, ha portato gli inquirenti a identificare il famoso “Ignoto 1”. Dopo migliaia di confronti genetici nella zona di Brembate Sopra, si è arrivati al Dna di Giuseppe Guerinoni, un autista morto nel 1999. La compatibilità ha spinto gli inquirenti ad allargare l’indagine genealogica fino a scoprire che Bossetti era suo figlio illegittimo.

Il 16 giugno 2014, un prelievo a sorpresa ha confermato che il Dna di Bossetti combaciava perfettamente con quello rinvenuto sugli abiti di Yara. Da lì è scattato l’arresto e la successiva condanna all’ergastolo.

Le altre prove a carico

Oltre al Dna, altri elementi hanno contribuito alla condanna: fibre del furgone di Bossetti sono state trovate sugli indumenti della vittima, le celle telefoniche hanno registrato la presenza del suo telefono nei pressi di Brembate il giorno della scomparsa, e l’alibi fornito da Bossetti – ossia di essere rimasto a casa – si è rivelato falso.

Nonostante ciò, il muratore di Mapello non ha mai smesso di proclamarsi innocente, sostenendo di essere stato vittima di un errore giudiziario. Le richieste di revisione del processo sono state più volte respinte, ma il suo caso continua a dividere l’opinione pubblica tra chi è convinto della sua colpevolezza e chi, invece, crede che la verità non sia mai emersa del tutto.

L’intervista in prima serata su Rai 2, in un format che si preannuncia crudo e diretto come “Belve Crime”, potrebbe riportare nuove domande – se non risposte – su uno dei casi più dolorosi e dibattuti della cronaca nera italiana degli ultimi decenni.

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