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Piccolo Alessandro, ucciso ad 8 mesi lasciato dalla mamma, il killer chiede un premio

Dopo oltre dieci anni di detenzione, Antonio Rasero, l’ex broker genovese condannato per l’omicidio del piccolo Alessandro Mathas, chiede per la prima volta un permesso premio. La richiesta, avanzata tramite il suo legale Cristiano Mancuso, prevede otto ore fuori dal carcere, dalla mattina alla sera, per tornare a casa e rivedere i familiari. Ma il giudice monocratico ha già rigettato l’istanza, e ora la decisione è rimessa alla valutazione collegiale del tribunale di Sorveglianza, che si esprimerà domani, mercoledì 14 maggio 2025.

Un iter giudiziario complesso

L’omicidio di Alessandro, di appena otto mesi, risale al marzo del 2010 e avvenne nell’appartamento di Nervi, a Genova, che Rasero aveva affittato. Il caso suscitò all’epoca profondo sgomento nell’opinione pubblica. Dopo una prima condanna a 26 anni in primo grado, Rasero fu assolto in appello, ma la Cassazione annullò l’assoluzione, imponendo un nuovo processo di secondo grado a Milano, dove fu nuovamente condannato alla stessa pena. La Corte Suprema confermò definitivamente la condanna nel 2017.

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I fatti: la notte dell’omicidio

Secondo la ricostruzione dell’accusa, la notte del delitto Rasero avrebbe trascorso ore insieme a Katerina Mathas, madre del piccolo, assumendo cocaina. Quando la donna si allontanò per cercare altra droga, lasciò il bambino solo con l’uomo. In quelle ore, Alessandro avrebbe pianto insistentemente, e Rasero, infastidito, lo avrebbe spinto con violenza contro lo spigolo del divano, provocandogli ferite mortali.

Anche la madre era inizialmente finita in carcere, ma la sua posizione venne in seguito stralciata: fu condannata a quattro anni in via definitiva per abbandono di minore con esito mortale.

La richiesta di permesso: una questione delicata

Dopo dieci anni di carcere, Rasero ha avviato le procedure per ottenere il primo beneficio penitenziario previsto dalla legge, ma si tratta di una richiesta altamente sensibile, soprattutto per la gravità del reato e la centralità del tema dell’infanzia e della fragilità della vittima.

Il tribunale di Sorveglianza dovrà ora valutare l’effettivo percorso di rieducazione, la condotta carceraria, eventuali percorsi psicologici o terapeutici, e l’assenza di pericolosità sociale attuale, come previsto dalla normativa vigente.

Un verdetto atteso

La decisione attesa per domani non ha solo un valore giuridico, ma anche un forte impatto simbolico e mediatico. La concessione (o meno) del permesso premio ad Antonio Rasero sarà attentamente osservata dall’opinione pubblica e dalle associazioni per la tutela dell’infanzia.

 

 

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