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Ragazzino di 15 anni muore in montagna, l’ultimo messaggio alla mamma: Mi sono perso, aiutami

morto in montagna morto in montagna
Gesperrter Klettersteig auf den Mont Gele.

Amavano la montagna, la natura aspra e affascinante delle Alpi italiane. Così la famiglia Rasac era arrivata dalla Bretagna, dalla piccola cittadina di Erbrée, per vivere l’esperienza di una vacanza immersa nei paesaggi imponenti della Valle d’Aosta. Liam Daniel Henry Rasac, il figlio quindicenne, era entusiasta: sognava di conquistare una vetta, di salire fino in cima, di misurarsi con l’altezza. Quel desiderio, così puro e così forte, lo ha portato da solo sulla strada verso la Becca di Viou, 2.856 metri di roccia e silenzio.

La partenza da solo e la salita difficile

Dal campeggio di Valpelline, dove la famiglia soggiornava, Liam ha deciso di incamminarsi da solo. «Voi riposatevi», avrebbe detto ai genitori, prima di iniziare l’ascesa. Un percorso impegnativo, con oltre 1.400 metri di dislivello, da coprire in almeno quattro ore di salita continua. I primi tratti attraversano boschi e mulattiere, ma nella seconda metà il sentiero si restringe, il terreno si fa instabile, e l’ambiente diventa più severo, con sfasciumi rocciosi e creste esposte. In quella zona si trova anche il bivacco Penne Nere, ma Liam non si è fermato lì.

I messaggi, l’allarme e la scomparsa

Durante l’escursione, il ragazzo ha continuato a inviare foto e video alla famiglia. Raccontava il panorama, l’emozione della salita, l’euforia. Poi, la comunicazione drammatica:
«Mamma, ho perso il sentiero». Era confuso, probabilmente in prossimità del Col Fouillou, dove i sentieri si biforcano e i riferimenti diventano rari. Liam ha provato a tornare indietro, ma continuava a inviare posizioni GPS contraddittorie. Poi, il silenzio. Alle 18:38 di martedì, il suo telefono ha smesso di rispondere. Era ancora acceso, ma non emetteva più suoni.

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La disperazione dei genitori e le ricerche notturne

Il padre, ora affranto, ha solo parole di dolore:
«Non dovevo lasciarlo andare da solo».
L’allarme è scattato alle 20:00. I soccorsi si sono mossi subito: l’elisoccorso del Soccorso Alpino valdostano, i droni, le squadre a piedi. Hanno perlustrato sentieri e valloni per tutta la notte, nella speranza di trovarlo in tempo.

Il ritrovamento e la tragedia

Alle prime luci dell’alba, l’elicottero ha individuato una macchia colorata nel vallone di Verzignola, a quota 2.000 metri. Era Liam. Inutile ogni soccorso: il giovane era morto a causa di politraumi alla testa, provocati da una caduta di circa 50 metri in un burrone. Nessun dubbio sulla dinamica: non è stato il freddo, non è stata l’ipotermia. È stato il vuoto, una scivolata fatale dopo essersi smarrito.

Una lezione dolorosa e la memoria

La procura ha deciso di non disporre l’autopsia, perché tutto è chiaro. Resta l’immenso dolore di una famiglia spezzata, il rimpianto di un padre, la consapevolezza che la montagna, seppur bellissima, non perdona l’imprudenza. Liam voleva solo salire in vetta, guardare il mondo dall’alto. E da quell’alto, ora, resterà per sempre.

 

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