In Austria, continuano a emergere dettagli sempre più inquietanti sulla strage di Graz, dove martedì scorso uno studente 21enne ha aperto il fuoco in un ginnasio superiore, uccidendo dieci persone – tra cui sette studenti – prima di togliersi la vita. I media locali lo chiamano «il fantasma», ma per il tabloid Die Krone ha già un’identità precisa: Artur A., un ex alunno dell’istituto, descritto come una vittima di bullismo, fragile, solitaria e tormentata.
Il video alla madre: “Perdonami per quello che sto per fare”
Secondo quanto riportato da Die Krone, Artur A. avrebbe inviato un video di commiato alla madre poco prima della strage, tramite WhatsApp. La donna avrebbe aperto il messaggio solo 23 minuti dopo la fine del massacro, quando suo figlio era ormai già morto. In quel breve filmato, il giovane – che appare visibilmente provato – chiederebbe perdono per ciò che sta per compiere, e ringrazierebbe la madre per tutte le cure ricevute.
Questa notizia non ha ancora trovato conferme ufficiali dalla polizia, né è stata ripresa dalla maggioranza dei media mainstream austriaci, ma la versione fornita dal popolare quotidiano sta rimbalzando rapidamente, anche a livello internazionale. Il volto del presunto autore, così come il cognome (che sarebbe di origine armena), è già stato diffuso sui social, insieme a due fotografie che lo ritraggono con un’espressione infantile e un gatto tra le braccia.
La lettera d’addio: accusa la scuola e parla del suo gatto
Oltre al video, sul tavolo della sua cameretta sarebbe stata trovata anche una lettera scritta a mano, in cui il giovane punta il dito contro i docenti e il sistema scolastico che, a suo dire, non lo avrebbero protetto. Una denuncia chiara al bullismo subito, al dolore accumulato, e alla solitudine di chi si è sentito per troppo tempo invisibile. Colpisce, in mezzo a una confessione così tragica, un dettaglio umano e straziante: Artur si sarebbe preoccupato del destino del suo gatto, chiedendo che venisse accudito con affetto dopo la sua morte.
Il silenzio ufficiale e la pressione mediatica
Nonostante le ricostruzioni fornite da Die Krone, la polizia mantiene il riserbo: nessun nome, nessuna conferma sulle presunte lettere o video di addio, nessuna ricostruzione dettagliata delle motivazioni dell’attentatore. La cautela è motivata dall’enorme delicatezza del caso e dal rischio che la divulgazione di informazioni non verificate possa amplificare emulazioni o diffondere false narrative.
Intanto, nella città di Graz e in tutto il Paese, è il tempo del lutto e delle domande. Come ha potuto un ragazzo così giovane, ex studente della scuola, rientrare armato in un ambiente che conosceva bene e trasformarlo in un inferno? Cosa è stato ignorato, sottovalutato, lasciato andare? E soprattutto: poteva essere evitato?
Bullismo, isolamento e segnali non ascoltati
Il caso di Artur A. – se le ricostruzioni saranno confermate – rischia di diventare emblema di un disagio giovanile profondo e irrisolto, di un sistema che forse non è ancora in grado di riconoscere i segnali d’allarme. Emmanuel Macron ha parlato di «insensata esplosione di violenza», e il dibattito in Francia – dove di recente si è verificato un caso analogo – si è già acceso. Anche in Austria, le istituzioni sono ora chiamate a riflettere sul ruolo della scuola, sulla prevenzione del disagio psicologico e sulla gestione della sicurezza negli istituti scolastici. In fondo, la tragedia di Graz non è solo un dramma individuale, ma uno specchio crudele di un disagio collettivo che chiede, sempre più forte, ascolto.