A quasi quattro anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich, il caso resta avvolto nel mistero. La 63enne scomparve nel dicembre 2021 da Trieste e fu trovata senza vita il 5 gennaio 2022 all’interno del parco dell’ex ospedale psichiatrico (l’Opp). Nonostante il tempo trascorso e una prima archiviazione del caso come morte volontaria, la Procura ha riaperto il fascicolo: oggi, il marito Sebastiano Visintin risulta formalmente indagato per omicidio.
Nelle scorse settimane sono emersi nuovi elementi. Durante una perquisizione condotta nell’abitazione dell’uomo, le forze dell’ordine hanno sequestrato alcuni coltelli e un maglione giallo, oggetti potenzialmente collegati alla morte di Liliana. In particolare, fibre compatibili con quel maglione sarebbero state trovate sul corpo della donna, un dettaglio che potrebbe rivelarsi cruciale nell’inchiesta.
Il 14 dicembre, giorno della scomparsa: verità contrastanti
Uno dei punti ancora oscuri dell’indagine riguarda gli spostamenti di Liliana la mattina del 14 dicembre, il giorno della sua scomparsa. Quel giorno, secondo i piani, la donna avrebbe dovuto recarsi a casa dell’amico Claudio Sterpin, con cui intratteneva una relazione affettiva. Ma qualcosa è andato storto.
Quando le autorità entrarono nella casa della donna, trovarono i suoi cellulari e il portafogli con i documenti poggiati sul comodino, apparentemente lasciati lì con cura. Un comportamento, secondo Sterpin, del tutto anomalo: “Liliana era una persona metodica, precisa. Non avrebbe mai dimenticato il cellulare a casa, tanto meno i documenti”.
Il sospetto di Sterpin è che la donna non sia mai uscita di casa quella mattina, e che la persona ripresa dalle telecamere non fosse lei, ma una sosia. Un’ipotesi forte, che ha trovato spazio anche nell’ultima puntata della trasmissione Quarto Grado.
Le telecamere e il contapassi: la tecnologia al centro dell’inchiesta
La trasmissione ha affidato a un ingegnere forense l’analisi delle immagini riprese dalle telecamere nei pressi della scuola di Polizia e da un autobus di linea in piazza Gioberti. Il tecnico ha osservato che la donna immortalata sembrerebbe leggermente più bassa di Liliana, che misurava tra 1,56 e 1,60 metri. Tuttavia, a causa della scarsa qualità delle immagini, l’effettiva altezza potrebbe essere stata falsata, rendendo difficile una valutazione oggettiva. Secondo l’esperto, comunque, le immagini sarebbero compatibili con la figura della 63enne.
Un altro elemento cruciale è rappresentato dal contapassi dell’iPhone di Liliana. Quel giorno, il dispositivo avrebbe registrato solo 11 passi, attorno alle 8:38. Se Liliana fosse davvero uscita di casa, come suppone l’ipotesi della morte volontaria, quei pochi passi potrebbero indicare una breve attività all’interno dell’abitazione o nelle immediate vicinanze. Per Sterpin, invece, sono la prova che la donna non è mai uscita viva da casa sua.
La chiave nei telefoni: verso una nuova perizia tecnica
L’elemento decisivo potrebbe emergere dai telefoni cellulari della donna, al centro della prossima perizia. Gli smartphone — rimasti sotto sequestro — verranno analizzati nuovamente utilizzando tecnologie aggiornate, capaci di recuperare dati cancellati, geolocalizzazioni, e app usage.
A partecipare all’operazione sarà anche Michele Vitiello, nuovo consulente tecnico nominato dalla difesa di Visintin. Vitiello è un nome noto nel campo della forensics digitale: ha lavorato su casi complessi come la scomparsa di Emanuela Orlandi, la vicenda di Denise Pipitone, e la tragedia della funivia del Mottarone.
Le nuove analisi, previste nelle prossime settimane, potrebbero finalmente fare luce su ciò che accadde davvero quella mattina: Liliana uscì volontariamente lasciando tutto in casa? O venne invece uccisa tra le mura domestiche e poi trasportata altrove? E soprattutto: chi l’ha lasciata in quel giardino, chiusa nei sacchi neri?
Una verità che ancora sfugge
La vicenda Resinovich continua a dividere opinione pubblica e inquirenti, sospesa tra ipotesi di suicidio, omicidio premeditato o manipolazione postuma della scena del crimine. Le indagini vanno avanti e, dopo anni di attesa, potrebbero essere proprio la tecnologia e l’analisi dei dispositivi digitali a restituire una verità concreta e definitiva. Nel frattempo, la città di Trieste resta in attesa, nel ricordo di una donna la cui scomparsa ha lasciato una ferita aperta e una serie di domande ancora senza risposta.