Afragola, lunedì pomeriggio. Le immagini di una telecamera di sorveglianza raccontano gli ultimi momenti di vita di Martina Carbonaro, 14 anni, ritratta mentre passeggia serenamente lungo corso Garibaldi con un’amica, un gelato in mano. L’atmosfera è distesa, le ragazze ridono, finché compare Alessio Tucci, 19 anni, ex fidanzato di Martina. Il suo gesto è inequivocabile: si mette le mani al viso, un’espressione che oscilla tra la disperazione e lo smarrimento. Si avvicina, si siede su una panchina. Martina gli porge un cucchiaino del suo gelato, lui rifiuta. Poi i tre riprendono a camminare, diretti verso un luogo che non lascia scampo: il casolare abbandonato nei pressi dello stadio Moccia.
Quelle stesse immagini smentiscono la prima versione fornita da Tucci ai carabinieri: non è vero che si era separato da Martina poco prima. La direzione presa dal gruppo è chiara, porta dritta alla scena del crimine. Una discrepanza che, secondo la Procura di Napoli Nord, smonta il “castello di bugie” dell’indagato, già crollato davanti a evidenze ben più pesanti.
La nota della famiglia Tucci
A poche ore dalla formalizzazione del fermo per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere, arriva la dichiarazione dei genitori del ragazzo, diffusa dal legale Mario Mangazzo. «Esprimiamo vicinanza al dolore della famiglia di Martina», scrivono, aggiungendo che Alessio era «molto provato dalla fine della relazione» e che aveva passato «molte notti insonni». «Mai avremmo potuto immaginare un crimine simile», concludono, in un misto di incredulità e dolore.
La freddezza dell’assassino
Ma secondo gli inquirenti non ci sono dubbi. Alessio Tucci ha agito con freddezza e determinazione, colpendo Martina alla testa quattro volte con una pietra. Colpi violenti, ripetuti, probabilmente anche dopo che la ragazza era già priva di sensi. Martina potrebbe essere stata ancora viva quando è stata coperta con calcinacci, rifiuti e infine occultata in un vecchio armadio nel casolare, trasformato in tomba improvvisata.
Il quadro che emerge è spietato: dopo l’omicidio, Alessio ha nascosto il cellulare della ragazza in un’intercapedine e ha eliminato la scheda SIM. Poi è tornato a casa, ha fatto una doccia, fatto lavare i vestiti, e ha cominciato la messinscena: partecipa alle ricerche, rassicura la madre di Martina, finge preoccupazione. Quando viene interrogato, sostiene di averla accompagnata “solo fino a casa”. E in un messaggio inviato a un parente scrive: «Non ho dormito tutta la notte, sono preoccupato anche io».
La voce della comunità
Sconvolta l’intera comunità, in particolare la scuola “Torrente” frequentata da Martina. Molti ricordano Alessio come un ragazzo tranquillo, spesso presente all’uscita della scuola per accompagnare Martina. «Sono scioccato», racconta Giovanni, 18 anni, amico di Alessio. «Non ha mai dato segnali di essere una persona violenta. L’ho visto qualche giorno fa per una partitella a pallone, parlava di Martina con amore, era orgoglioso di stare con lei. Non avrei mai immaginato una cosa del genere».
Un amore respinto
Dietro l’omicidio, secondo la Procura, c’è l’incapacità di accettare la fine della relazione. Martina voleva chiudere, aveva confidato alla madre di aver ricevuto una sberla da Alessio poche settimane prima. La madre le aveva detto di lasciarlo, di non accettare violenze. Ma Alessio non si è rassegnato. Quella passeggiata ad Afragola, quel gelato offerto per distendere i toni, sono stati solo la premessa al tragico epilogo. E oggi la famiglia Carbonaro piange una figlia che voleva solo essere lasciata libera di scegliere.