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Annegamento nei bambini: un pericolo silenzioso che si può prevenire: La regola del braccio e cosa devi sapere

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L’annegamento rappresenta ancora oggi una delle principali cause di morte accidentale tra i bambini. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno centinaia di minori perdono la vita per incidenti in acqua. Anche in Italia la situazione è allarmante: l’Istituto Superiore di Sanità stima circa 300 vittime all’anno, con una quota significativa tra i più piccoli. Per comprendere meglio come affrontare e prevenire questi drammi, abbiamo raccolto il parere della dottoressa Claudia Bondone, Consigliere Nazionale della Società Italiana di Pediatria e direttrice della Pediatria d’Urgenza dell’Ospedale Regina Margherita di Torino.

Un pericolo spesso domestico e sempre silenzioso

Molti pensano all’annegamento come a un incidente da spiaggia o mare aperto, ma la verità è ben diversa. “Circa la metà degli annegamenti avviene in casa: in vasche da bagno, piscine gonfiabili o vasche private”, spiega Bondone. Anche pochi centimetri d’acqua possono essere letali per i più piccoli. La pediatra sottolinea che i bambini, specialmente sotto i 5 anni, possono annegare rapidamente e senza che nessuno se ne accorga. “L’annegamento è silenzioso: spesso non ci sono grida o schizzi. In soli 3-6 minuti di assenza di ossigeno può sopraggiungere la morte”.

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Sorveglianza attiva e continua: l’unica vera sicurezza

Per evitare il peggio, l’unica protezione reale è la supervisione diretta e continua da parte di un adulto. “Bisogna essere a distanza di un braccio, con contatto visivo costante e senza distrazioni: niente telefono, niente lettura, niente pause”, avverte Bondone. Le barriere fisiche, come recinzioni e coperture per piscine, sono importanti ma non sostituiscono mai la presenza vigile di un adulto.

I bambini più a rischio: piccoli e adolescenti

Due le fasce d’età particolarmente vulnerabili. I bambini sotto i 5 anni, per la loro imprevedibilità e scarsa consapevolezza del pericolo, e gli adolescenti, spesso inclini a comportamenti spericolati, a volte legati anche all’uso di alcol o sostanze. Gli accessori come braccioli, ciambelle e gonfiabili non devono essere considerati strumenti salvavita. “Creano un falso senso di sicurezza”, chiarisce la dottoressa. È importante assicurarsi che siano sempre a norma CE e ricordare che non sostituiscono in alcun modo la sorveglianza.

Educazione all’acqua e prevenzione: la chiave per la sicurezza

Prevenire significa anche educare fin da piccoli. “L’acqua è meravigliosa, ma bisogna insegnare ai bambini che ci si entra solo con un adulto. I corsi di acquaticità si possono iniziare da neonati, e il nuoto vero e proprio già dai sei anni”, consiglia Bondone. Anche i genitori devono essere preparati: è utile conoscere le nozioni base di primo soccorso e rianimazione.

Quando si va al mare o in piscina, le regole fondamentali sono scegliere luoghi con sorveglianza, informarsi su fondali, correnti e condizioni meteo, utilizzare abbigliamento tecnico e fare attenzione alle griglie di scarico, soprattutto nei parchi acquatici.

In caso di emergenza: cosa fare

Se un bambino perde conoscenza in acqua, ogni secondo è prezioso. “Bisogna tirarlo subito fuori, sdraiarlo supino, iniziare la rianimazione cardiopolmonare e chiamare il 118”, spiega la dottoressa. Anche se sembra riprendersi, è fondamentale portarlo al pronto soccorso: i danni respiratori da immersione possono manifestarsi anche dopo diverse ore. Il dramma dell’annegamento può essere evitato con attenzione, educazione e consapevolezza. “La prevenzione è l’unico vero salvavita”, conclude la dottoressa Bondone. L’invito, per tutti i genitori e adulti, è a non abbassare mai la guardia quando si è in presenza di bambini e acqua, anche se sembra poca e innocua.

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