Un gesto estremo, consumato in pochi istanti ma capace di devastare per sempre una famiglia. È questa la terribile realtà emersa dall’indagine sull’omicidio della piccola Maria Rosa, di appena sette mesi, uccisa dalla madre Annamaria Geraci, 40 anni, che l’ha lanciata dal terrazzo di casa nel centro storico di Misterbianco, in provincia di Catania.
A essere testimone diretto della tragedia è stato il fratellino della bambina, un bambino di appena sette anni, che avrebbe visto la madre prendere in braccio la neonata e tentato disperatamente di impedirle di compiere quel gesto fatale. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il piccolo le avrebbe urlato: «Mamma, che stai facendo?», nel disperato tentativo di fermarla. Ma non c’è riuscito.
Il contesto familiare: una crisi post-partum mai superata
Il dramma, avvenuto due giorni fa, si inserisce in un quadro di grave fragilità psicologica. La donna, secondo quanto emerso, soffriva da mesi di una forte depressione post partum, che l’aveva portata a rifiutare la figlia e ad avere comportamenti instabili e preoccupanti. Era nota ai servizi sociali ed era stata sottoposta a due Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) nei mesi successivi al parto. Viveva in amministrazione di sostegno, sotto controllo sanitario e legale, ed era seguita dall’ASP e dal Tribunale di Catania.
Nonostante ciò, il gesto è avvenuto all’interno dell’abitazione che la donna condivideva con l’intera famiglia: il compagno, padre dei due bambini, la madre (nonna dei piccoli) e una zia. Tutti erano presenti in casa al momento della tragedia. È stato sufficiente un attimo di distrazione, secondo la ricostruzione dei carabinieri, perché Annamaria Geraci approfittasse di un momento di solitudine con la bambina, salisse sul terrazzo al terzo piano e la lanciasse nel vuoto.
L’indagine: la confessione e le accuse
La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato, affidata al sostituto procuratore Augusto Rio e all’aggiunto Sebastiano Ardita, coordinatore dell’area che si occupa dei reati contro soggetti vulnerabili. L’arresto della donna è stato eseguito dai carabinieri della Tenenza di Misterbianco e della compagnia Fontanarossa.
Durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, Annamaria Geraci ha ammesso le proprie responsabilità. Ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari, raccontando con lucidità quanto accaduto. Il gip si è riservato la decisione, e nelle prossime ore potrebbe essere disposta una perizia psichiatrica per valutare la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti.
Un bambino solo contro l’orrore
Il dettaglio che più colpisce, in una vicenda già di per sé insopportabile, è la solitudine del fratellino della piccola Maria Rosa. È stato l’unico ad accorgersi di ciò che stava accadendo, a cercare con parole semplici, ma cariche di disperazione, di riportare la madre alla ragione. Un bambino che oggi, oltre al trauma di quanto visto, si trova a fare i conti con l’assenza definitiva della sorellina e con la consapevolezza che quella mano assassina era proprio quella materna.
I servizi sociali stanno ora prendendo in carico il minore, offrendo supporto psicologico e tutela. La comunità di Misterbianco è sotto shock. Il sindaco, Marco Corsaro, ha parlato di «una tragedia micidiale, umanamente insopportabile», mentre l’assessora ai Servizi sociali ha confermato che «ogni passo burocratico e di assistenza era stato compiuto, ma purtroppo non è bastato». Una tragedia che lascia aperti molti interrogativi su come proteggere davvero i più fragili, su quanto sia sottile il confine tra disagio psichico e rischio sociale, e su come un grido d’allarme – in questo caso quello silenzioso di una madre in crisi e di un bambino impaurito – possa passare ancora troppo spesso inosservato.