Dopo anni di battaglie legali, una dipendente delle Poste Italiane della Versilia è stata reintegrata nel suo posto di lavoro: era stata licenziata per aver effettuato un bonifico superiore ai limiti consentiti dal sistema informatico, con l’unico scopo di aiutare un cliente in grave difficoltà. Una decisione motivata da umanità, che le era costata il posto. Ma la Corte d’Appello ha ora ribaltato la sentenza di primo grado, riconoscendo la correttezza sostanziale del suo operato.
Il caso
Tutto è iniziato quando un cliente, preoccupato per il fratello bloccato in Thailandia, si è presentato all’ufficio postale chiedendo di poter inviare 27.000 euro. Una cifra superiore al limite normalmente gestibile in autonomia dall’impiegata. In assenza della direttrice – in ferie – la dipendente, ritenendo la situazione urgente e i fondi pienamente leciti, ha “forzato” il sistema per permettere la transazione. Il gesto le è costato caro: licenziamento immediato appena un mese dopo, quando l’operazione è emersa. In prima istanza, il Tribunale di Lucca aveva dato ragione alle Poste. Ma la lavoratrice non si è arresa.
La svolta
A due anni di distanza, la Corte d’Appello ha accolto le sue ragioni: nel provvedimento si legge che «non è stato dedotto né è emerso alcun interesse personale della lavoratrice nell’operazione», e che il bonifico «è stato effettuato utilizzando somme del cliente in favore di destinatari dallo stesso indicati». Nessun illecito, dunque, e nessun tornaconto personale. Il tribunale ha ordinato il reintegro immediato della dipendente e ha riconosciuto un’indennità pari a 12 mensilità.
Un caso emblematico
Il verdetto rilancia un tema sempre più centrale nel rapporto tra burocrazia e buon senso: fino a che punto un lavoratore può (o deve) disobbedire a regole rigide per agire in favore di chi ha bisogno? In questo caso, i giudici hanno dato una risposta chiara: la solidarietà, quando disinteressata e fondata su ragioni oggettive, non può essere punita come un illecito. Una sentenza che restituisce dignità a una lavoratrice e forse, simbolicamente, anche un po’ di fiducia nel sistema.