Diciotto anni dopo, il caso di Chiara Poggi torna sotto la lente degli investigatori, e lo fa con un dettaglio rimasto finora ai margini delle cronache giudiziarie: una mail inviata dalla giovane alla sua amica Cristina Tosi, datata 5 luglio 2007, appena un mese prima dell’omicidio. Una corrispondenza che, in poche righe, insinua interrogativi sulla vita sentimentale della 26enne di Garlasco e sul possibile coinvolgimento di figure finora rimaste fuori dalle inchieste ufficiali.
La frase che più colpisce è un passaggio in risposta a una domanda dell’amica: “I tuoi intrallazzi?”. La risposta di Chiara è disarmante per tono e contenuto: “Stanno vivendo un periodo di stasi… Il mio piccione al telefono dà sempre soddisfazioni, mentre con l’altro ultimamente non ci vado troppo d’accordo (colpa mia che me la prendo per niente, colpa sua che secondo me è un po’ cambiato)”. Un frammento apparentemente leggero che, alla luce dell’omicidio, acquista tutto un altro peso.
Due uomini nella vita di Chiara?
Chi era “il piccione”? E chi “l’altro”? Domande che alimentano l’ipotesi di una doppia relazione, di una giovane donna che viveva una vita sentimentale più sfaccettata rispetto all’immagine emersa durante il primo processo. L’identità dei due uomini non è chiara, ma gli investigatori ritengono che uno sia Alberto Stasi, l’ex fidanzato condannato in via definitiva, mentre l’altro – forse – un uomo adulto di Garlasco, su cui oggi si torna a indagare. Un’ipotesi sostenuta da una testimonianza raccolta anni fa e oggi non più verificabile, essendo il testimone deceduto.
Il giallo del secondo telefono
A complicare il quadro, il mistero del secondo cellulare: un telefono “apribile e di piccole dimensioni” che Chiara avrebbe usato, secondo un’amica, parallelamente al suo Nokia azzurro. A cosa serviva quel secondo dispositivo? Era un cellulare di lavoro o lo strumento per mantenere un legame segreto? I tabulati di quel telefono non risultano mai acquisiti, e il dispositivo non è mai stato rinvenuto.
Le piste trascurate e il peso di una parola: “Stasi”
Il termine usato da Chiara – “stasi” – potrebbe sembrare un gioco di parole con il cognome del suo fidanzato. Ma in un’indagine che ha già fatto registrare colpi di scena, nulla è considerato casuale. I nuovi accertamenti della Procura di Pavia mirano a rivalutare tutte le piste trascurate, comprese quelle relative alla sfera privata della vittima, nella convinzione che qualcosa, nelle prime indagini, sia stato tralasciato.
Ombre sul passato, domande sul presente
Il contenuto di quella mail, le uscite serali, alcuni aperitivi “misteriosi”, e le frequentazioni poco chiare gettano oggi una luce nuova sul clima emotivo e relazionale in cui Chiara viveva nei mesi precedenti alla morte. Non si tratta di colpevolizzare una vittima, ma di capire il contesto reale in cui è maturato un delitto ancora avvolto nel mistero.
Quasi due decenni dopo, questa breve email potrebbe rivelarsi uno dei tasselli mancanti in uno dei casi più complessi e controversi della cronaca nera italiana. Un caso che, forse, non ha ancora detto tutta la verità.