Negli ultimi anni, la scuola italiana è tornata più volte al centro della cronaca non per meriti didattici, ma per episodi di intemperanza ideologica, talvolta sfociati in attacchi verbali gravi da parte di insegnanti nei confronti di esponenti delle istituzioni. L’ultimo caso, quello del professore campano Stefano Addeo, ha sollevato un’ondata di indignazione trasversale: il docente di tedesco in un istituto superiore della provincia di Napoli ha augurato alla figlia della premier Giorgia Meloni “la stessa sorte della ragazza di Afragola”, la 14enne Martina Carbonaro, vittima di femminicidio. Un post shock, poi cancellato, che ha innescato non solo un’indagine della Procura, ma anche il dibattito sul confine tra libertà di espressione e incitamento all’odio.
Una lunga lista di precedenti
Il caso Addeo non è isolato. Dall’inizio del decennio, sono numerosi gli episodi in cui docenti hanno usato toni fortemente offensivi o inappropriati. Tra questi, Christian Raimo, che nel 2023, durante un intervento pubblico, aveva definito il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara “lurido”, paragonandolo alla “Morte Nera”. Per lui è scattata la sospensione di tre mesi.
Nel 2021, Giovanni Gozzini, docente all’Università di Siena, finì nella bufera per aver definito Giorgia Meloni “vacca” e “pesciaiola”, suscitando reazioni bipartisan di condanna. E ancora prima, nel 2019, Rosa Maria Dell’Aria, professoressa a Palermo, venne sospesa per due settimane per aver proiettato in classe un video che paragonava Matteo Salvini a Benito Mussolini.
Il leader della Lega è stato spesso bersaglio di critiche estreme da parte del mondo scolastico e accademico: nel 2020, Antonio Villanacci, dell’Università di Firenze, aveva esposto in facoltà un manifesto con scritto “Basta a Salvini e a questa destra orribile”.
I casi estremi e la reazione della politica
Tra gli episodi più gravi, quello di Lavinia Flavia Cassaro, insegnante torinese, che nel 2018 durante una manifestazione No Tav si scagliò contro le forze dell’ordine urlando “Poliziotti dovete morire”. La donna, all’epoca sospesa e successivamente licenziata, dichiarò che le sue parole erano motivate dal “proteggere i fascisti”. Più di recente, casi meno noti ma comunque significativi hanno riguardato, tra gli altri, un insegnante veneto che ha insultato le Frecce Tricolori e un docente a Bolzano indagato per frasi offensive scritte su un quadro elettrico contro la premier.
La proposta di Rossano Sasso: “Test psicoattitudinali per chi insegna”
Di fronte a questa escalation, Rossano Sasso, deputato della Lega e capogruppo in Commissione Cultura alla Camera, ha proposto l’introduzione di test psicoattitudinali per accedere all’insegnamento e da sottoporre ogni anno anche ai docenti in ruolo. “Da anni denuncio la presenza all’interno del corpo docente di persone inadatte a ricoprire questo ruolo – ha spiegato –. Si tratta di una minoranza, ma rischia di infangare l’intera categoria”.
Un’idea destinata a far discutere, tra chi la vede come una misura necessaria per garantire neutralità e rispetto istituzionale, e chi la teme come una forma di censura preventiva. Quel che è certo è che, tra social fuori controllo, personalismi esasperati e la fragilità di un sistema educativo spesso in affanno, la scuola italiana si trova oggi davanti a una nuova sfida: tornare a essere un luogo di confronto, non di scontro.