Il provvedimento è stato disposto e comunicato dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania. Stefano Addeo, il docente del Liceo “Medi” di Cicciano (NA), è stato sospeso in via cautelare dopo le minacce rivolte alla figlia della premier Meloni sul suo profilo Facebook. Una decisione presa “per garantire e tutelare la serenità della comunità scolastica” – spiega il direttore – che sarà valida fino alla definizione del procedimento disciplinare nel “rispetto della procedura prevista dalla normativa”.
Il caso del professore Stefano Addeo, autore del post shock contro la premier Giorgia Meloni e sua figlia Ginevra, si è trasformato in un terremoto istituzionale, politico e mediatico, con possibili ripercussioni disciplinari, civili e penali. A scuotere l’opinione pubblica è stata non solo la gravità delle parole pubblicate – un augurio di morte paragonato alla tragica sorte della 14enne Martina Carbonaro – ma anche la goffaggine con cui l’autore ha tentato di giustificarsi.
Il rischio del licenziamento: cosa prevede la normativa
Addeo, 65 anni, insegnante di Tedesco in un istituto superiore della provincia di Napoli, rischia il licenziamento disciplinare, a prescindere dall’età prossima alla pensione. Il suo comportamento rientrerebbe in violazione di obblighi previsti dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che impone sobrietà, rispetto e decoro anche nelle comunicazioni sui social media. Dal 2023, inoltre, è in vigore un orientamento ancora più stringente per i docenti e il personale scolastico, che mira a salvaguardare il prestigio delle istituzioni educative anche nel contesto digitale.
In attesa dell’esito delle indagini, l’insegnante potrebbe già essere sospeso dal servizio senza stipendio. Una sanzione cautelare prevista dal regolamento scolastico, in attesa di un eventuale procedimento disciplinare e giudiziario.
La Procura e l’indagine penale
Il procedimento, partito dalla Procura di Roma, potrebbe passare per competenza a Napoli o Nola, dove Addeo risiede e insegna. La Polizia Postale è già stata incaricata di fornire una prima relazione tecnica, utile ad accertare tempi, modalità e responsabilità del post. Qualora venisse ravvisata l’ipotesi di istigazione all’odio o minaccia aggravata, il professore potrebbe rispondere anche penalmente.
La difesa tra scuse, accuse all’IA e vittimismo
In una serie di dichiarazioni rilasciate ai media, Addeo ha parlato di “errore di impulso” e ha tentato di attribuire la responsabilità dell’odio social persino a ChatGPT, sostenendo – falsamente – di aver chiesto all’intelligenza artificiale di generare un post critico verso il governo, che sarebbe poi degenerato. La giustificazione è stata smentita tecnicamente (il sistema non genera contenuti d’odio) e giudicata poco credibile anche alla luce di altri post simili, sempre contro i figli di esponenti politici come Salvini e Tajani.
Nel frattempo, Addeo ha denunciato di essere diventato lui stesso un bersaglio, raccontando episodi di aggressioni verbali e “lanci di pomodori” contro la propria abitazione, come pure minacce ricevute sui social.
Un epilogo ancora incerto
Resta da capire se Stefano Addeo sarà licenziato in via definitiva o se riuscirà ad arrivare alla pensione evitando il peggio. A fare la differenza sarà probabilmente l’esito dell’indagine penale e del procedimento disciplinare interno, che dovrà valutare se il suo comportamento abbia compromesso in modo irreparabile il rapporto fiduciario con la scuola e con lo Stato.
Di certo, il caso Addeo ha aperto un precedente scomodo, che riaccende il dibattito sul ruolo pubblico e la responsabilità sociale degli insegnanti. Perché se la libertà d’espressione è un diritto tutelato, augurare la morte a una bambina – e poi attribuire tutto a un robot – non è libertà, ma inciviltà travestita da opinione.