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Home > Salute e Benessere > Allarme in Italia per l’influenza Killer: “Sta arrivando, morto un bimbo”. Ecco i sintomi
  • Salute e Benessere

Allarme in Italia per l’influenza Killer: “Sta arrivando, morto un bimbo”. Ecco i sintomi

  • Adriana Costanzo
  • 25/09/2019
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Allarme in Italia per l’influenza Killer: “Sta arrivando, morto un bimbo”. Ecco i sintomi

Le cattive notizie non arrivano mai sole, con l’autunno ormai arrivato, aumenta anche il rischio influenza. Registrati già i primi casi in Italia. Gli esperti ci dicono che si tratta di un virus più aggressivo del solito. Meno casi rispetto alle statistiche passate, ma stavolta il rischio è più alto, poiché può portare addirittura alla morte.

Influenza, nuovo virus ultra offensivo

A fare una prima previsione di quel che ci attende nei mesi più freddi dell’inverno in arrivo ci ha pensato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. I primi dati in arrivo dall’emisfero astrale ci dicono che il virus è più aggressivo del solito. Si tratta del virus A, quindi notoriamente un osso duro. Negli ultimi due anni c’è stato un vero e proprio boom influenzale, con epidemie che hanno toccato cifre record. Questa volta, invece, si preannunciano meno casi, ma più aggressivi e quindi pericolosi.

Ma come può una semplice influenza portare alla morte? Ebbene, le complicazioni di una patologia non sono mai da sottovalutare, soprattutto se a causarle sono un virus così aggressivo come si sta presentando questo nuovo ceppo influenzale. Secondo il virologo infatti il caso del bambino morto negli USA per un’influenza potrebbe non essere un caso isolato, se la patologia viene appunto sottovalutata.

Anche questa volta, come sempre, i soggetti più a rischio sono quelli più debole, quindi prima di tutto anziani, con patologie preesistenti, e subito dopo, come abbiamo visto, i bambini. In sostanza, tutti coloro che presentano comorbidità, ovvero più patologie presenti nello stesso individuo, sono soggetti potenzialmente a rischio, ma naturalmente tutti sono esposti a gravi rischi se non si prendono le giuste precauzioni e le giuste cure.

Professor Pregliasco, come crede sarà la stagione influenzale 2019-2020?

Rispetto alle ultime due stagioni influenzali, che sono state le peggiori degli ultimi 15 anni con circa 9 milioni di casi, quella di quest’anno potrebbe essere – con tutti i ma e i però del caso – un po’ meno pesante in termini numerici; potrebbe coinvolgere circa 6 milioni di casi. Bisogna anche valutare la situazione in evoluzione nell’emisfero australe, dove la stagione sta finendo. Ci sarà la presenza di due virus un po’ più “carognette” diciamo, con una maggiore capacità di complicanze nell’anziano e nel soggetto fragile, i virus A H1N1 e A H3N2. Ormai non c’è un solo virus influenzale, oltre ai virus simil-influenzali che stanno già “lavorando” adesso, non virus di vera influenza ma di forme respiratorie acute.

Quali sono queste complicanze?

Sono quelle di sempre, appesantimento a livello cardiaco e respiratorio, problematiche come un asma o una broncopneumopatia. Se c’è già un cuore un po’ malaticcio, l’influenza può essere la goccia che fa traboccare il vaso. È comunque una questione di numerosità.

Due anni fa il virus Yamagata B fu sottovalutato e si registrarono molti contagi; cos’è successo?

Quella è un’altra “fregatura”. C’è una buona capacità di previsione dei virus di tipo A, mentre per i virus B, che si sono divisi in due famiglie (Yamagata e Victoria) c’è più difficoltà a capire quale dei due e se c’è poi un contributo. In alcune stagioni come 2/3 anni fa lo Yamagata ci ha colti di sorpresa perché non ce l’aspettavamo e in più ce l’aspettavamo nella variante non presente nel vaccino trivalente. Oggi buona parte dei vaccini è quadrivalente e contiene i due virus A sui quali in genere si è abbastanza certi e i due sottotipi di virus B.

Alla luce di ciò, quali sono i vaccini consigliati?

Ad oggi l’indicazione è quella del vaccino quadrivalente per tutti, mentre per gli ultrasettantacinquenni può valere la pena usare comunque il trivalente ma adiuvato, perché in questo caso avendo loro una risposta immunitaria meno efficiente e dovendoli proteggere soprattutto dai virus di tipo A, che sono comunque entrambi presenti nel vaccino, è preferibile utilizzare questo tipo. Quando ci sarà il quadrivalente adiuvato sarà sicuramente meglio, ma ad oggi non è disponibile. Quest’anno tra i vaccini quadrivalenti ce n’è uno che utilizza la coltura cellulare invece che le uova embrionate di pollo, un metodo di produzione diversa che viene fatto per due motivi: oltre ad essere più rapido ed efficace nel produrlo, non modifica il virus. Quando si adatta nell’uovo, infatti, il virus diventa un po’ diverso da quello circolante. Dal punto di vista immunitario dunque è più efficace.

Esiste un rischio pandemia?

Noi la pandemia la aspettiamo. Basandoci su dati di diffusione e mortalità a partire dal 1800, seppur quelli del passato non siano precisi, ce la si aspetta in un intervallo di tempo tra i 7 e i 40 anni. In effetti quella del 2009 è stata una pandemia, anche se per fortuna il virus non è stato “cattivissimo”, avendo colpito in quota parte la popolazione giovanile. Diciamo che la variabilità comporta un rischio sempre presente. Quando un anno la pandemia non c’è, rende l’anno successivo più a rischio.

Alla conclusione dell’intervista il professor Pregliasco ha tenuto a precisare l’importanza dell’automedicazione responsabile, legata in prima istanza all’uso dei farmaci sintomatici, e ha naturalmente sottolineato l’importanza di rivolgersi a uno specialista in presenza di complicanze.

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