Insegnanti e studenti protestano per le alte temperature nelle scuole italiane. Ma c’è una categoria che resta largamente invisibile nel dibattito pubblico: i collaboratori scolastici. Sono loro – bidelli, assistenti, personale di pulizia e sorveglianza – a vivere il caldo in prima linea, tra corridoi, bagni e laboratori spesso senza aria condizionata né ventilazione adeguata. A raccontarlo sono decine di testimonianze raccolte da questa inchiesta. “Noi collaboratori scolastici viviamo ogni giorno i disagi del caldo senza alcuna tutela reale”, denuncia Assunta Morano, una delle tante voci raccolte. “Siamo sempre presenti, ma mai realmente riconosciuti. I ringraziamenti ci arrivano solo a parole”.
Scuole vecchie, comfort scarso
I dati parlano chiaro: solo il 6% degli edifici scolastici italiani è dotato di impianti di climatizzazione. Il restante 94% si affida a ventilatori obsoleti o semplicemente all’apertura delle finestre. La maggior parte delle scuole è stata costruita prima del 1975, ben prima che il cambiamento climatico diventasse una priorità. “Ci fanno lavorare in ambienti chiusi dove si superano i 30 gradi”, scrive un collaboratore scolastico di una scuola primaria di Napoli. “Non possiamo garantire igiene e sicurezza in queste condizioni”.
Parla l’esperto: “Serve la valutazione del microclima”
Il dott. Francesco Minnici, tecnico della prevenzione della UOC-SPISAL dell’Asp di Cosenza, sottolinea che il caldo negli ambienti scolastici rientra nella valutazione del rischio lavorativo. “Il datore di lavoro – spiega – deve valutare il microclima in collaborazione con RSPP e medico competente. Nelle scuole servono climatizzatori, ricambio d’aria adeguato e pause al fresco. In assenza di impianti, si possono prevedere dispositivi di protezione come vestiario in cotone e turnazioni“.
“Moriamo di caldo, ma restiamo invisibili”
Le testimonianze raccolte rivelano un malessere diffuso e crescente, tra le testimonianze, quella di Emanuela Zanco che ha denunziato: “Grazie per aver pensato a noi. Moriamo nelle aule ogni estate. Gli uffici? Sempre freschi” o Florinda Mannino: “Pulizie straordinarie con un caldo sfiancante. Non so quanto tutto ciò sia legale”. A denunciare condizioni assurde anche Claudia Nagni: “Lavori di sgrosso a 38-40 gradi. Ho rischiato di svenire” e Valerio Ciotta: “Alle 7 del mattino già 38 gradi nei corridoi”. E poi c’è chi, come Katia Pellegrino, è costretta a portarsi un ventilatore da casa, pur consapevole dell’inutilità di uno sforzo isolato: “Non riesco nemmeno a spostarlo durante il lavoro”.
Stipendi bassi, nessun buono pasto
Oltre al clima, emerge il problema cronico della retribuzione: “Siamo gli unici nella PA a lavorare 7 ore e 15 minuti senza buoni pasto”, denuncia Paolo Scialabba. “Con 1.200 euro non si vive, specialmente fuori regione”.
Condizioni estreme anche d’inverno
Il disagio termico non è solo estivo. Diversi collaboratori riferiscono che in inverno, durante le vacanze scolastiche, i termosifoni vengono spenti, costringendoli a lavorare in ambienti a 12-13 gradi. “Se lavori all’infanzia in montagna, come me – racconta Katia Boldo – ti ritrovi da sola in una scuola gelida”. “Durante le vacanze – conferma Marilena Susi Caldelli – negli uffici c’è riscaldamento, nei corridoi noi possiamo anche gelare”.
Carico di lavoro e mancanza di rispetto
Molti denunciano anche un eccesso di mansioni e organici ridotti all’osso. “I collaboratori fanno due lavori – spiega Enzo Cassarino –: uno durante la presenza degli alunni, l’altro dopo, per pulire tutto. Ma chi ha una certa età non regge più”. “Puliamo vetrate, finestre, pavimenti con poco materiale e veniamo anche criticati se ne chiediamo altro”, aggiunge Federica Mantovani dal Piemonte.
Il blog ScuolaInFocus: “Serve una linea guida nazionale”
Secondo Pasquale D’Ascia, assistente amministrativo e curatore del blog ScuolaInFocus, è tempo di azioni concrete: “Il tema del caldo a scuola è ormai una questione di diritti. Alcuni comuni stanno sperimentando misure come tende ombreggianti, pellicole riflettenti, edilizia scolastica sostenibile. Ma manca una linea guida nazionale. Serve una norma che stabilisca standard minimi di comfort termico per tutti”.
Mancanza di voce e rappresentanza
Molti collaboratori denunciano scarso ascolto da parte dei sindacati: “Sono iscritta da 25 anni – spiega Patrizia Meli – ma ho visto pochi progressi. Ogni volta che alzi la voce, ti scontri con un muro di gomma. E anche i colleghi preferiscono il silenzio”. Alcuni chiedono l’introduzione di un’indennità di disagio climatico, turnazioni durante le ore più calde, la possibilità di pausa pranzo dignitosa e accesso a buoni pasto.
Sud più esposto, ma problema nazionale
Dal Sud Italia, le testimonianze parlano di condizioni ancora più dure: “Noi non abbiamo nemmeno una stanza dedicata – lamenta Vincenzo Figura – passiamo sei ore tra caldo e pulizie senza un condizionatore”. “Il caldo è da Sahara – aggiunge Carmela Schipilliti – i ministri vengano a vedere di persona cosa vuol dire lavorare così”.
Conclusione: dignità e rispetto per un ruolo fondamentale
L’urgenza è chiara: garantire condizioni di lavoro dignitose per chi, ogni giorno, sorveglia, pulisce, assiste, apre e chiude le scuole italiane. “Siamo l’ingranaggio che fa girare tutto”, ricorda Letizia Di Vita. “Ma ci trattano come se fossimo invisibili”. Il rispetto passa anche da qui: dal riconoscere il diritto a lavorare al fresco d’estate, al caldo d’inverno e con una retribuzione equa. Perché il buon funzionamento della scuola pubblica non può poggiare sulla fatica silenziosa e sottopagata di chi ne garantisce ogni giorno la base materiale.
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