Il Trentino potrebbe presto rivoluzionare il proprio calendario scolastico: prende sempre più piede l’ipotesi di estendere l’attività delle scuole primarie anche al mese di luglio. Una proposta che, se attuata, segnerebbe un cambio netto rispetto alla tradizione italiana e che, non a caso, ha già innescato un acceso confronto tra amministrazione pubblica, sindacati e mondo della scuola.
A spingere in questa direzione è l’assessora provinciale all’istruzione Francesca Gerosa. L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato, offrire un servizio continuativo anche nei mesi estivi per venire incontro alle esigenze delle famiglie; dall’altro, rafforzare la scuola nel suo ruolo di presidio sociale, andando oltre la semplice funzione didattica.
Grazie alla sua autonomia speciale, la Provincia di Trento ha la facoltà di organizzare l’anno scolastico in modo indipendente. Se la proposta andrà in porto, si immagina per il mese di luglio una scuola diversa, più giocosa e meno formale, un’estensione delle attività estive già in essere nella scuola dell’infanzia. Ma tra il dire e il fare ci sono numerosi ostacoli: l’attuazione di un progetto del genere impone riflessioni serie su costi, logistica e soprattutto sul fronte sindacale.
Le vacanze scolastiche italiane: un’anomalia europea?
Il tema si inserisce in un dibattito nazionale ormai ricorrente: quello sulla durata delle vacanze estive. Con una pausa scolastica che supera spesso le 12 settimane, l’Italia è uno dei Paesi europei con il calendario più concentrato e con il più lungo periodo di interruzione estiva. In Francia, ad esempio, le vacanze durano circa otto settimane, mentre in altri Stati dell’Unione Europea si prediligono pause più brevi ma distribuite lungo l’intero anno.
Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, hanno già proposto soluzioni alternative per una diversa organizzazione delle pause scolastiche, cercando un equilibrio tra il bisogno di continuità educativa e quello di garantire ai bambini momenti di riposo e libertà.
Sindacati sul piede di guerra: “Non siamo animatori”
Se sul piano teorico l’idea ha anche estimatori, sul fronte pratico le reazioni sono tutt’altro che entusiastiche. I sindacati hanno fatto sapere di essere pronti a dare battaglia. In particolare, la sigla Delsa ha messo in evidenza le criticità emerse dopo l’apertura estiva delle scuole dell’infanzia: aumento dello stress lavorativo, disagi legati agli spostamenti del personale e un generale malessere nel corpo docente.
“È gravissimo – si legge in una nota del sindacato – che proprio l’amministrazione svaluti il ruolo degli insegnanti, confondendoli con animatori estivi. I docenti non sono baby-sitter e le scuole non sono centri ricreativi”. Il timore più forte, evidenziato dai rappresentanti dei lavoratori, è che l’estensione dell’attività scolastica a luglio possa trasformarsi in una misura strutturale senza un adeguato riconoscimento economico e professionale. Da qui l’ipotesi di proteste e mobilitazioni qualora la proposta non venisse riconsiderata.
Uno scontro aperto
Il confronto è ormai aperto: da una parte le esigenze organizzative delle famiglie, sempre più bisognose di supporti durante l’estate; dall’altra, la tutela della professionalità dei docenti e la qualità della proposta educativa. Il prossimo autunno potrebbe essere decisivo per capire se davvero il Trentino farà da apripista a un nuovo modello scolastico italiano o se tutto resterà solo un progetto ambizioso, ma irrealizzato.
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