Teresa e Trifone: Ecco le foto che incastrano Giosué. La mamma urla in aula
Confermata dalla Corte d’assise di Appello di Trieste la condanna d’ergastolo inflitta in primo grado a Giosuè Ruotolo, accusato del duplice omicidio della coppia di fidanzati, Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone. Il verdetto di primo grado era stato emesso della Corte d’assise di Udine l’8 novembre 2017.
Ecco le foto esclusive che incastrano Ruotolo
«Questa non è giustizia, questa non è giustizia». Lo ha urlato la madre di Giosué Ruotolo, subito dopo la lettura della sentenza, lasciando l’aula velocemente. La donna, uscendo dal Tribunale, ha urlato ancora la stessa frase più volte. Con lei c’era anche l’altro figlio, con la fidanzata, che l’ha invitata ripetutamente ad allontanarsi. Giosué Ruotolo, invece, ha seguito la lettura della condanna facendo cenno di no con la testa, mantenendo uno sguardo basso. La sentenza è stata emessa dopo circa otto ore di Camera di Consiglio.
La giuria, presieduta da Igor Maria Rifiorati, si era ritirata intorno alle 12:30 dopo aver ascoltato le repliche della difesa, affidate a uno dei legali di Ruotolo, Giuseppe Esposito, e le dichiarazioni spontanee dell’imputato, che ha preso la parola per la prima volta nel processo d’appello. «Tra me e Trifone c’era un rapporto cordiale. Sono stato condannato all’ergastolo, ma di mio in questo processo non c’è nulla, come confermato anche dai Ris di Parma. Non ho mai litigato né verbalmente né fisicamente con Trifone e in questo senso sono le testimonianze dei commilitoni», ha detto.
L’udienza, la sesta di un processo cominciato il 12 ottobre scorso, è durata circa tre ore e si è conclusa in questo modo. Giosué Ruotolo, ex militare campano, di 29 anni, è originario di Somma Vesuviana (Napoli).
Trifone Ragone, militare, originario di Adelfia (Bari), 28 anni, e Teresa Costanza, 30 anni, assicuratrice milanese di origini siciliane, furono uccisi nel parcheggio del Palazzetto dello Sport di Pordenone. In primo grado il pm Pier Umberto Vallerin aveva sottolineato che Ruotolo, unico imputato, aveva «commesso gli omicidi per salvare la sua carriera» e che «l’odio verso Trifone e la gelosia verso Teresa lo avevano assalito già da tempo. Togliendoli di mezzo sparivano due rivali, due minacce viventi, due persone verso cui covava odio già da tempo».
La Corte d’assise di Udine aveva accolto la richiesta del pm condannando Ruotolo all’ergastolo e a due anni di isolamento diurno con una sentenza pronunciata l’8 novembre 2017. Questo secondo processo era cominciato con la richiesta della difesa della rinnovazione dell’istruttoria, per superare «le contraddizioni» del primo grado, chiedendo «una perizia tecnica» che verificasse la presenza di Ruotolo sul luogo del delitto. Richiesta però rigettata dalla Corte. La difesa «è stata fondata», tra l’altro, «sull’inesistenza della lite che sarebbe stata all’origine dell’omicidio» e «sull’assenza di prove biologiche» riferibili all’imputato, ha spiegato Esposito. Mentre le parti civili hanno insistito sulle «falsità» dichiarate dall’imputato. In appello l’accusa ha chiesto la conferma della condanna di primo grado, mentre la difesa ha chiesto l’assoluzione del proprio assistito per non aver commesso il fatto e, prima della chiusura dell’udienza di stamani, ha depositato una memoria di riepilogo.