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Home Scuola Novità Permessi 104, Ministero: Tre giorni al disabile e 3 giorni anche a un suo familiare
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Novità Permessi 104, Ministero: Tre giorni al disabile e 3 giorni anche a un suo familiare

  • Redazione
  • 25 Maggio 2019
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Novità Permessi 104, Ministero: Tre giorni al disabile e 3 giorni anche a un suo familiare

Permessi disabili o meglio per l’assistenza di familiari disabili, i permessi per legge 104 oer intenderci, sono cumulabili, nel senso che il permesso è fruibile sia dal disabile che per chi è deputato alla sua assistenza. Lo chiarisce il Ministero della Funzione pubblica, guidato da Patroni Girffi, con una nota.

 Permessi assistenza disabili cumulabili

La cumulabilità dei permessi si assistenza di familiari disabili comporta che i giorni di permesso ammontano a 3 giorni ( per il disabile) più altri 3 ( per chi assiste il disabile) per ogni mese.

Permessi disabili anche quando il disabile lavora

Si legge nella nota che la normativa disposta sui  permessi disabili e collocata all’articolo 33, comma 3, della legge 104 del 1992, anche conosciuti per l’appunto permessi per legge 104, per assistere un congiunto lavoratore che si trovi in una situazione di grave disabilità, non preclude la possibilità per il familiare preposto all’assistenza di fruire anche per se stesso dei permessi disabili ex legge 104/92.

Se normalmente si può affermare che le giornate di permesso del lavoratore disabile e del congiunto preposto alla sua assistenza possano coincidere, non si esclude però che se il lavoratore abbia necessità di assentarsi per svolgere l’assistenza del familiare disabile nei giorni in cui il disabile sia regolarmente al lavoro, tale permesso possa essere accordato.

A CHI SPETTANO i permessi

I permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti:

  • disabili in situazione di gravità;
  • genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità;
  • coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016), parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016) della persona con disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010).

COSA SPETTA

Ai lavoratori disabili in situazione di gravità spettano in alternativa:

  • riposi orari giornalieri di 1 ora o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro;
  • tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore).

ESTENSIONE DEL  DIRITTO AI PARENTI E AGLI AFFINI DI TERZO GRADO DELLA PERSONA CON DISABILITÀ GRAVE

Il diritto ai tre giorni di permesso mensile può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016) della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010 – circ. 155/2010).

L’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono.

La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati – coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016), genitore – si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti).

Per quanto concerne le patologie invalidanti, ai fini dell’individuazione di tali patologie si prendono a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale  n. 278 del 21 luglio 2000.

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